Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Messaggio del Santo Padre per la V Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani (27 luglio 2025), 10.07.2025


 

Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Leone XIV per la V Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, che si celebra la quarta domenica di luglio - quest’anno il 27 luglio -, sul tema “Beato chi non ha perduto la sua speranza”:

Messaggio del Santo Padre

Beato chi non ha perduto la sua speranza (cfr Sir 14,2)

Cari fratelli e sorelle,

il Giubileo che stiamo vivendo ci aiuta a scoprire che la speranza è fonte di gioia sempre, ad ogni età. Quando, poi, essa è temprata dal fuoco di una lunga esistenza, diventa fonte di una beatitudine piena.

La Sacra Scrittura presenta diversi casi di uomini e donne già avanti negli anni, che il Signore coinvolge nei suoi disegni di salvezza. Pensiamo ad Abramo e Sara: ormai anziani, restano increduli davanti alla parola di Dio, che promette loro un figlio. L’impossibilità di generare sembrava aver chiuso il loro sguardo di speranza sul futuro.

Non diversa è la reazione di Zaccaria all’annuncio della nascita di Giovanni il Battista: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni» (Lc 1,18). Vecchiaia, sterilità, declino sembrano spegnere le speranze di vita e di fecondità di tutti questi uomini e donne. E anche la domanda che Nicodemo pone a Gesù, quando il Maestro gli parla di una “nuova nascita”, sembra puramente retorica: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?» (Gv 3,4). Eppure ogni volta, davanti a una risposta apparentemente scontata, il Signore sorprende i suoi interlocutori con un intervento di salvezza.

Gli anziani, segni di speranza

Nella Bibbia, Dio più volte mostra la sua provvidenza rivolgendosi a persone avanti negli anni. Così avviene, oltre che per Abramo, Sara, Zaccaria ed Elisabetta, pure per Mosè, chiamato a liberare il suo popolo quando aveva ben ottant’anni (cfr Es 7,7). Con queste scelte, ci insegna che ai suoi occhi la vecchiaia è un tempo di benedizione e di grazia e che gli anziani, per Lui, sono i primi testimoni di speranza. «Cos’è mai questo tempo della vecchiaia? – si domanda al riguardo Sant’Agostino – Ti risponde qui Dio: “Oh, venga meno per davvero la tua forza, affinché in te resti la forza mia e tu possa dire con l’Apostolo: Quando sono debole, allora sono forte”» (Super Ps. 70, 11). Il fatto che il numero di quelli che sono avanti negli anni sia oggi in aumento diventa allora per noi un segno dei tempi che siamo chiamati a discernere, per leggere bene la storia che viviamo.

La vita della Chiesa e del mondo, infatti, si comprende solo nel susseguirsi delle generazioni, e abbracciare un anziano ci aiuta a capire che la storia non si esaurisce nel presente, né si consuma tra incontri veloci e relazioni frammentarie, ma si snoda verso il futuro. Nel libro della Genesi troviamo il commovente episodio della benedizione data da Giacobbe, ormai vecchio, ai suoi nipoti, i figli di Giuseppe: le sue parole li spronano a guardare con speranza al futuro, come al tempo delle promesse di Dio (cfr Gen 48,8-20). Se dunque è vero che la fragilità degli anziani necessita del vigore dei giovani, è altrettanto vero che l’inesperienza dei giovani ha bisogno della testimonianza degli anziani per progettare con saggezza l’avvenire. Quanto spesso i nostri nonni sono stati per noi esempio di fede e di devozione, di virtù civiche e impegno sociale, di memoria e di perseveranza nelle prove! Questa bella eredità, che ci hanno consegnato con speranza e amore, non sarà mai abbastanza, per noi, motivo di gratitudine e di coerenza.

Segni di speranza per gli anziani

Il Giubileo, fin dalle sue origini bibliche, ha rappresentato un tempo di liberazione: gli schiavi venivano affrancati, i debiti condonati, le terre restituite ai proprietari originari. Era un momento di restaurazione dell’ordine sociale voluto da Dio, in cui si sanavano le disuguaglianze e le oppressioni accumulate negli anni. Gesù rinnova questi eventi di liberazione quando, nella sinagoga di Nazaret, proclama il lieto annuncio ai poveri, la vista dei ciechi, la liberazione dei prigionieri e il ritorno alla libertà per gli oppressi (cfr Lc 4,16-21).

Guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare, anche noi siamo chiamati a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla: la fedeltà di Dio alle sue promesse ci insegna che c’è una beatitudine nella vecchiaia, una gioia autenticamente evangelica, che ci chiede di abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società, ad ogni latitudine, si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine venga tenuta ai margini e dimenticata.

Davanti a questa situazione, è necessario un cambio di passo, che testimoni un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa. Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato. La speranza cristiana ci spinge sempre a osare di più, a pensare in grande, a non accontentarci dello status quo. Nella fattispecie, a lavorare per un cambiamento che restituisca agli anziani stima e affetto.

Per questo, Papa Francesco ha voluto che la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani si celebrasse anzitutto incontrando chi è solo. E per la medesima ragione, si è deciso che quanti non potranno venire a Roma, quest’anno, in pellegrinaggio, possano «conseguire l’Indulgenza giubilare se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo agli anziani in solitudine, […] quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr Mt 25, 34-36)» (Penitenzieria Apostolica, Norme sulla Concessione dell’Indulgenza Giubilare, III). Visitare un anziano è un modo per incontrare Gesù, che ci libera dall’indifferenza e dalla solitudine.

Da anziani si può sperare

Il libro del Siracide afferma che la beatitudine è di coloro che non hanno perso la propria speranza (cfr 14,2), lasciando intendere che nella nostra vita – specie se lunga – possono esserci tanti motivi per volgersi con lo sguardo indietro, piuttosto che al futuro. Eppure, come scrisse Papa Francesco durante il suo ultimo ricovero in ospedale, «il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza» (Angelus, 16 marzo 2025). Abbiamo una libertà che nessuna difficoltà può toglierci: quella di amare e di pregare. Tutti, sempre, possiamo amare e pregare.

Il bene che vogliamo ai nostri cari – al coniuge col quale abbiamo passato gran parte della vita, ai figli, ai nipoti che rallegrano le nostre giornate – non si spegne quando le forze svaniscono. Anzi, spesso è proprio il loro affetto a risvegliare le nostre energie, portandoci speranza e conforto.

Questi segni di vitalità dell’amore, che hanno la loro radice in Dio stesso, ci danno coraggio e ci ricordano che «se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4,16). Soprattutto da anziani, dunque, perseveriamo fiduciosi nel Signore. Lasciamoci rinnovare ogni giorno dall’incontro con Lui, nella preghiera e nella santa Messa. Trasmettiamo con amore la fede che abbiamo vissuto per tanti anni, in famiglia e negli incontri quotidiani: lodiamo sempre Dio per la sua benevolenza, coltiviamo l’unità con i nostri cari, allarghiamo il nostro cuore a chi è più lontano e, in particolare, a chi vive nel bisogno. Saremo segni di speranza, ad ogni età.

Dal Vaticano, 26 giugno 2025

LEONE PP. XIV

[00894-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

 

Heureux celui qui n’a pas perdu l’espoir (cf.Si14, 2)

Chers frères et sœurs,

le Jubilé que nous vivons nous aide à découvrir que l’espérance est toujours source de joie, à tout âge. Et quand elle est aguerrie par le feu d’une longue existence, elle devient source de béatitude parfaite.

La Sainte Écriture présente divers cas d’hommes et de femmes déjà avancés en âge que le Seigneur implique dans ses plans de salut. Pensons à Abraham et Sara: désormais âgés, ils restent incrédules devant la parole de Dieu qui leur promet un fils. L’impossibilité d’engendrer semble avoir fermé leur regard d’espérance sur l’avenir.

La réaction de Zacharie à l’annonce de la naissance de Jean-Baptiste n’est pas différente: «A quoi connaîtrai-je cela? Car moi je suis un vieillard et ma femme est avancée en âge» (Lc 1, 18). La vieillesse, la stérilité, le déclin semblent éteindre les espérances de vie et de fécondité de tous ces hommes et femmes. Et même la question que Nicodème pose à Jésus, lorsque le Maître lui parle d’une “nouvelle naissance”, semble purement rhétorique: «Comment un homme peut-il naître, étant vieux? Peut-il une seconde fois entrer dans le sein de sa mère et naître?» (Jn 3, 4). Et pourtant, chaque fois, face à une réponse apparemment évidente, le Seigneur surprend ses interlocuteurs par une intervention salvatrice.

Les personnes âgées, signes d’espérance

Dans la Bible, Dieu montre à plusieurs reprises sa providence en s’adressant à des personnes âgées. C’est le cas non seulement d’Abraham, de Sara, de Zacharie et d’Élisabeth, mais aussi de Moïse, appelé à libérer son peuple alors qu’il avait quatre-vingts ans (cf. Ex 7, 7). Par ces choix, il nous enseigne que, à ses yeux, la vieillesse est un temps de bénédiction et de grâce et que les personnes âgées sont pour lui les premiers témoins de l’espérance. «Qu’est-ce donc que ce temps de la vieillesse? – se demande saint Augustin – Dieu te répond: “Oh, que ta force disparaisse complètement, afin que ma force demeure en toi et que tu puisses dire avec l’Apôtre: Quand je suis faible, c’est alors que je suis fort”» (Super Ps 70, 11). Le fait que le nombre de personnes âgées soit aujourd’hui en augmentation devient alors pour nous un signe des temps que nous sommes appelés à discerner, afin de bien lire l’histoire que nous vivons.

La vie de l’Église et du monde ne s’appréhende en effet que dans la succession des générations, et embrasser une personne âgée nous aide à comprendre que l’histoire ne s’épuise pas dans le présent, ni ne se consume dans des rencontres fugaces et des relations fragmentaires, mais qu’elle se déroule vers l’avenir. Dans le livre de la Genèse, nous trouvons l’épisode émouvant de la bénédiction donnée par Jacob, désormais âgé, à ses petits-enfants, les fils de Joseph: ses paroles les encouragent à regarder l’avenir avec espérance, comme au temps des promesses de Dieu (cf. Gn 48, 8-20). S’il est vrai que la fragilité des personnes âgées a besoin de la vigueur des jeunes, il est tout aussi vrai que l’inexpérience des jeunes a besoin du témoignage des personnes âgées pour projeter l’avenir avec sagesse. Combien de fois nos grands-parents ont-ils été pour nous un exemple de foi et de dévotion, de vertus civiques et d’engagement social, de mémoire et de persévérance dans les épreuves! Ce bel héritage, qu’ils nous ont remis avec espérance et amour, ne serait jamais assez, pour nous, motif de gratitude et de cohérence.

Signes d’espérance pour les personnes âgées

Depuis ses origines bibliques, le Jubilé a toujours été un temps de libération: les esclaves étaient affranchis, les dettes effacées, les terres rendues à leurs propriétaires d’origine. C’était un moment de restauration de l’ordre social voulu par Dieu, où les inégalités et les oppressions accumulées au fil des ans étaient réparées. Jésus renouvelle ces événements de libération lorsqu’il proclame, dans la synagogue de Nazareth, la bonne nouvelle aux pauvres, la vue aux aveugles, la libération des prisonniers et le retour à la liberté pour les opprimés (cf. Lc 4, 16-21).

En regardant les personnes âgées dans cette perspective jubilaire, nous sommes nous aussi appelés à vivre avec elles une libération, surtout de la solitude et de l’abandon. Cette année est le moment propice pour y parvenir: la fidélité de Dieu à ses promesses nous enseigne qu’il y a une béatitude dans la vieillesse, une joie authentiquement évangélique, qui nous demande d’abattre les murs de l’indifférence dans lesquels les personnes âgées sont souvent enfermées. Nos sociétés, sous toutes les latitudes, s’habituent trop souvent à laisser une partie si importante et si riche de leur tissu social être mise à l’écart et oubliée.

Face à cette situation, un changement d’attitude s’impose, qui témoigne d’une prise de responsabilité de la part de toute l’Église. Chaque paroisse, chaque association, chaque groupe ecclésial est appelé à devenir protagoniste d’une “révolution” de la gratitude et d’attention, à réaliser en rendant fréquemment visite aux personnes âgées, en créant pour elles et avec elles des réseaux de soutien et de prière, en tissant des relations qui puissent donner espoir et dignité à ceux qui se sentent oubliés. L’espérance chrétienne nous pousse toujours à oser davantage, à voir grand, à ne pas nous contenter du status quo. Dans le cas présent, à œuvrer pour un changement qui redonne aux personnes âgées estime et affection.

C’est pourquoi le Pape François a souhaité que la Journée Mondiale des Grands-Parents et des Personnes Agées soit célébrée avant tout en rencontrant ceux qui sont seuls. Et pour la même raison, il a été décidé que les personnes qui ne pourront pas venir en pèlerinage à Rome cette année pourront «bénéficier de l’Indulgence jubilaire en visitant durant un temps suffisant […] les vieillards isolés accomplissant ainsi un pèlerinage auprès du Christ présent en eux (cf. Mt 25, 34-36)» (Pénitencerie Apostolique, Note sur L’indulgence Plénière, n. 3). Rendre visite à une personne âgée est une manière de rencontrer Jésus qui nous libère de l’indifférence et de la solitude.

En tant que personne âgée, on peut espérer

Le livre du Siracide affirme que la béatitude appartient à ceux qui n’ont pas perdu l’espérance (cf. 14, 2), laissant entendre que dans notre vie – surtout si elle est longue – il peut y avoir de nombreuses raisons de regarder en arrière plutôt que vers l’avenir. Pourtant, comme l’a écrit le Pape François lors de sa dernière hospitalisation, «nos corps sont faibles, mais rien ne nous empêche d’aimer, de prier, de donner de nous-mêmes, d’être les uns pour les autres, dans la foi, des signes lumineux d’espérance» (Angélus, 16 mars 2025). Nous avons une liberté qu’aucune difficulté ne peut nous enlever: celle d’aimer et de prier. Tous, toujours, nous pouvons aimer et prier.

Le bien que nous voulons pour nos proches – notre conjoint avec qui nous avons passé une grande partie de notre vie, nos enfants, nos petits-enfants qui égayent nos journées – ne s’éteint pas lorsque nos forces déclinent. Au contraire, c’est souvent leur affection qui réveille nos énergies, nous apportant espoir et réconfort.

Ces signes de vitalité de l’amour, qui ont leur racine en Dieu lui-même, nous donnent du courage et nous rappellent que «même si en nous l’homme extérieur va vers sa ruine, l’homme intérieur se renouvelle de jour en jour» (2 Co 4, 16). C’est pourquoi, surtout en tant que personnes âgées, persévérons avec confiance dans le Seigneur. Laissons-nous renouveler chaque jour par la rencontre avec Lui, dans la prière et dans la sainte messe. Transmettons avec amour la foi que nous avons vécue pendant tant d’années, dans notre famille et dans nos rencontres quotidiennes: louons toujours Dieu pour sa bienveillance, cultivons l’unité avec nos proches, ouvrons notre cœur à ceux qui sont plus éloignés et, en particulier, à ceux qui sont dans le besoin. Nous serons des signes d’espérance, à tout âge.

Du Vatican, le 26 juin 2025

LÉON PP. XIV

[00894-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

 

Blessed are those who have not lost hope (cf. Sir 14:2)

Dear brothers and sisters,

The Jubilee we are now celebrating helps us to realize that hope is a constant source of joy, whatever our age. When that hope has also been tempered by fire over the course of a long life, it proves a source of deep happiness.

Sacred Scripture offers us many examples of men and women whom the Lord called late in life to play a part in his saving plan. We can think of Abraham and Sarah, who, advanced in years, found it hard to believe when God promised them a child. Their childlessness seemed to prevent them from any hope for the future.

Zechariah’s reaction to the news of John the Baptist’s birth was no different: “How can this be? I am an old man and my wife is advanced in years” (Lk 1:18). Old age, barrenness and physical decline apparently blocked any hope for life and fertility in these men and women. The question that Nicodemus asked Jesus when the Master spoke to him of being “born again” also seems purely rhetorical: “How can a man be born when he is old? Can he enter a second time into his mother’s womb and be born?” (Jn 3:4). Yet whenever we think that things cannot change, the Lord surprises us with an act of saving power.

The elderly as signs of hope

In the Bible, God repeatedly demonstrates his providential care by turning to people in their later years. This was the case not only with Abraham, Sarah, Zechariah and Elizabeth, but also with Moses, who was called to set his people free when he was already eighty years old (cf. Ex 7:7). God thus teaches us that, in his eyes, old age is a time of blessing and grace, and that the elderly are, for him, the first witnesses of hope. Augustine asks, “What do we mean by old age?” He tells us that God himself answers the question: “Let your strength fail, so that my strength may abide within you, and you can say with the Apostle, ‘When I am weak, then I am strong’” (Super Ps. 70,11). The increasing number of elderly people is a sign of the times that we are called to discern, in order to interpret properly this moment of history.

The life of the Church and the world can only be understood in light of the passage of generations. Embracing the elderly helps us to understand that life is more than just the present moment, and should not be wasted in superficial encounters and fleeting relationships. Instead, life is constantly pointing us toward the future. In the book of Genesis, we find the moving episode of the blessing given by the aged Jacob to his grandchildren, the sons of Joseph; his words are an appeal to look to the future with hope, as the time when God’s promises will be fulfilled (cf. Gen 48:8-20). If it is true that the weakness of the elderly needs the strength of the young, it is equally true that the inexperience of the young needs the witness of the elderly in order to build the future with wisdom. How often our grandparents have been for us examples of faith and devotion, civic virtue and social commitment, memory and perseverance amid trials! The precious legacy that they have handed down to us with hope and love will always be a source of gratitude and a summons to perseverance.

Signs of hope for the elderly

From biblical times, the Jubilee has been understood as a time of liberation. Slaves were freed, debts were forgiven and land was returned to its original owners. The Jubilee was a time when the social order willed by God was restored, and inequalities and injustices accumulated over the years were remedied. Jesus evoked those moments of liberation when, in the synagogue of Nazareth, he proclaimed good news to the poor, sight to the blind and freedom for prisoners and the oppressed (cf. Lk 4:16-21).

Looking at the elderly in the spirit of this Jubilee, we are called to help them experience liberation, especially from loneliness and abandonment. This year is a fitting time to do so. God’s fidelity to his promises teaches us that there is a blessedness in old age, an authentic evangelical joy inspiring us to break through the barriers of indifference in which the elderly often find themselves enclosed. Our societies, everywhere in the world, are growing all too accustomed to letting this significant and enriching part of their life be marginalized and forgotten.

Given this situation, a change of pace is needed that would be readily seen in an assumption of responsibility on the part of the whole Church. Every parish, association and ecclesial group is called to become a protagonist in a “revolution” of gratitude and care, to be brought about by regular visits to the elderly, the creation of networks of support and prayer for them and with them, and the forging of relationships that can restore hope and dignity to those who feel forgotten. Christian hope always urges us to be more daring, to think big, to be dissatisfied with things the way they are. In this case, it urges us to work for a change that can restore the esteem and affection to which the elderly are entitled

That is why Pope Francis wanted the World Day of Grandparents and the Elderly to be celebrated primarily through an effort to seek out elderly persons who are living alone. For this reason, those who are unable to come to Rome on pilgrimage during this Holy Year may “obtain the Jubilee Indulgence if they visit, for an appropriate amount of time, the elderly who are alone... making, in a sense, a pilgrimage to Christ present in them (cf. Mt 25:34-36)” (APOSTOLIC PENITENTIARY, Norms for the Granting of the Jubilee Indulgence, III). Visiting an elderly person is a way of encountering Jesus, who frees us from indifference and loneliness.

As elderly persons, we can hope

The Book of Sirach calls blessed those who have not lost hope (cf. 14:2). Perhaps, especially if our lives are long, we may be tempted to look not to the future but to the past. Yet, as Pope Francis wrote during his last hospitalization, “our bodies are weak, but even so, nothing can prevent us from loving, praying, giving ourselves, being there for one another, in faith, as shining signs of hope” (Angelus, 16 March 2025). We possess a freedom that no difficulty can rob us of: it is the freedom to love and to pray. Everyone, always, can love and pray.

Our affection for our loved ones – for the wife or husband with whom we have spent so much of our lives, for our children, for our grandchildren who brighten our days – does not fade when our strength wanes. Indeed, their own affection often revives our energy and brings us hope and comfort.

These signs of living love, which have their roots in God himself, give us courage and remind us that “even if our outer self is wasting away, our inner self is being renewed day by day” (2 Cor 4:16). Especially as we grow older, let us press forward with confidence in the Lord. May we be renewed each day by our encounter with him in prayer and in Holy Mass. Let us lovingly pass on the faith we have lived for so many years, in our families and in our daily encounter with others. May we always praise God for his goodness, cultivate unity with our loved ones, open our hearts to those who are far away and, in particular, to all those in need. In this way, we will be signs of hope, whatever our age.

From the Vatican, 26 June 2025

LEO PP. XIV

 

[00894-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Selig, wer seine Hoffnung nicht verloren hat (vgl. Sir 14,2)

Liebe Brüder und Schwestern,

das Heilige Jahr, das wir gerade begehen, hilft uns zu entdecken, dass die Hoffnung immer und in jedem Alter eine Quelle der Freude ist. Wenn sie dann durch das Feuer eines langen Lebens widerstandsfähig geworden ist, wird sie zu einer Quelle seliger Erfüllung.

Die Heilige Schrift berichtet von mehreren Fällen, in denen der Herr Männer und Frauen in fortgeschrittenem Alter in seine Heilspläne einbezieht. Denken wir an Abraham und Sara: Da sie bereits alt sind, schenken sie dem Wort Gottes, der ihnen einen Sohn verheißt, wenig Glauben. Die Unmöglichkeit, Kinder zu zeugen, schien ihnen einen hoffnungsvollen Blick auf die Zukunft zu verwehren.

Nicht anders reagiert Zacharias auf die Ankündigung der Geburt Johannes des Täufers: »Woran soll ich das erkennen? Denn ich bin ein alter Mann und auch meine Frau ist in vorgerücktem Alter« (Lk 1,18). Alter, Unfruchtbarkeit und Verfall scheinen die Hoffnungen auf Leben und Fruchtbarkeit all dieser Männer und Frauen auszulöschen. Und auch die Frage, die Nikodemus Jesus stellt, als der Meister von einer „neuen Geburt“ spricht, klingt rein rhetorisch: »Wie kann ein Mensch, der schon alt ist, geboren werden? Kann er etwa in den Schoß seiner Mutter zurückkehren und noch einmal geboren werden?« (Joh 3,4). Doch jedes Mal, wenn eine Antwort offensichtlich scheint, überrascht der Herr sein Gegenüber mit seinem heilbringenden Eingreifen.

Ältere Menschen, Zeichen der Hoffnung

In der Bibel zeigt sich Gottes Vorsehung mehrere Male in seiner Hinwendung zu Menschen fortgeschrittenen Alters. So geschieht es nicht nur bei Abraham, Sara, Zacharias und Elisabet, sondern auch bei Mose, der im Alter von bereits achtzig Jahren berufen wurde, sein Volk zu befreien (vgl. Ex 7,7). Mit diesen Entscheidungen lehrt er uns, dass das Alter in seinen Augen eine Zeit des Segens und der Gnade ist und dass die älteren Menschen für ihn die ersten Zeugen der Hoffnung sind. »Was ist das bloß für eine Zeit, das Alter?« – fragt sich der heilige Augustinus diesbezüglich. »Hier antwortet dir Gott: „Oh, dass deine Kraft wirklich schwinde, damit meine Kraft in dir bleibe und du zusammen mit dem Apostel sagen kannst: Wenn ich schwach bin, dann bin ich stark“« (Super Ps. 70, 11). Der Umstand, dass heute die Anzahl der Menschen fortgeschrittenen Alters zunimmt, wird für uns zu einem Zeichen der Zeit, das wir erkennen müssen, um die Geschichte, in der wir leben, richtig zu verstehen.

Das Leben der Kirche und der Welt lässt sich nämlich nur in der Abfolge der Generationen verstehen, und wenn wir einen älteren Menschen umarmen, hilft uns das zu erkennen, dass die Geschichte nicht in der Gegenwart versiegt oder sich in flüchtigen Begegnungen und bruchstückhaften Beziehungen erschöpft, sondern sich in die Zukunft fortsetzt. Im Buch Genesis finden wir die bewegende Episode, in der der bereits alte Jakob seine Enkel, die Söhne Josefs, segnet: Seine Worte ermutigen sie zu einem hoffnungsvollen Blick in die Zukunft, die als eine Zeit der Verheißungen Gottes erscheint (vgl. Gen 48,8-20). Wenn es also wahr ist, dass die Gebrechlichkeit der Alten der Kraft der Jungen bedarf, dann ist es ebenso wahr, dass die Unerfahrenheit der Jungen das Zeugnis der Alten braucht, um die Zukunft mit Weisheit zu gestalten. Wie oft sind unsere Großeltern für uns ein Vorbild des Glaubens und der Frömmigkeit, bürgerlicher Tugenden und sozialen Engagements, der Erinnerung sowie der Beharrlichkeit in Prüfungen gewesen! Dieses schöne Erbe, das sie uns mit Hoffnung und Liebe hinterlassen haben, wird uns stets ein Grund zur Dankbarkeit und Nachahmung bleiben.

Zeichen der Hoffnung für ältere Menschen

Das Jubeljahr war von seinen biblischen Ursprüngen an eine Zeit der Befreiung: Sklaven wurden freigelassen, Schulden erlassen, Ländereien an ihre ursprünglichen Besitzer zurückgegeben. Es war ein Moment der Wiederherstellung der von Gott gewollten Gesellschaftsordnung, in dem die im Laufe der Jahre entstandene Ungleichheit und Unterdrückung beseitigt wurde. In Jesus ereignet sich diese Befreiung von neuem, als er in der Synagoge von Nazaret den Armen die frohe Botschaft verkündet, den Blinden das Augenlicht, den Gefangenen die Entlassung und die Zerschlagenen in Freiheit setzt (vgl. Lk 4,16-21).

Wenn wir in dieser Perspektive des Jubeljahres auf die älteren Menschen blicken, ist es auch an uns, zusammen mit ihnen eine Befreiung zu erleben, insbesondere von der Einsamkeit und vom Verlassensein. Dieses Jahr ist der richtige Zeitpunkt, dies zu verwirklichen: Die Treue Gottes zu seinen Verheißungen lehrt uns, dass es im Alter eine selige Erfüllung gibt, eine wirkliche Freude des Evangeliums, die von uns verlangt, die Mauern der Gleichgültigkeit einzureißen, hinter denen ältere Menschen oft eingeschlossen sind. Überall auf der Welt gewöhnen sich unsere Gesellschaften allzu oft daran, dass ein so wichtiger und reicher Teil ihres Gefüges an den Rand gedrängt und vergessen wird.

Angesichts dieser Situation ist eine Neuausrichtung vonnöten, die von einer Verantwortungsübernahme der gesamten Kirche zeugt. Jede Pfarrei, jede Vereinigung, jede kirchliche Gruppe ist aufgerufen, sich aktiv an der „Revolution” der Dankbarkeit und Fürsorge zu beteiligen, indem sie ältere Menschen regelmäßig besucht, für sie und mit ihnen Netzwerke der Unterstützung und des Gebets aufbaut und Beziehungen knüpft, die denjenigen Hoffnung und Würde schenken, die sich vergessen fühlen. Die christliche Hoffnung spornt uns immer dazu an, mehr zu wagen, in großen Dimensionen zu denken und uns nicht mit dem Status quo zufrieden zu geben. Im vorliegenden Fall bedeutet dies, auf einen Wandel hinzuarbeiten, der den älteren Menschen wieder Wertschätzung und Zuneigung entgegenbringt.

Deshalb hat Papst Franziskus gewünscht, dass der Welttag der Großeltern und älteren Menschen vor allem durch die Begegnung mit denjenigen begangen wird, die einsam sind. Und aus dem gleichen Grund ist beschlossen worden, dass diejenigen, die in diesem Jahr nicht nach Rom pilgern können, »den Jubiläumsablass erlangen, wenn sie […] alte Menschen in Einsamkeit […] über einen angemessenen Zeitraum besuchen, so als ob sie zu Christus pilgern würden, der in ihnen gegenwärtig ist (vgl. Mt 25,34-36)« (Apostolische Pönitentiarie, Normen für die Gewährung des Jubiläumsablasses, III). Einen älteren Menschen zu besuchen ist eine Möglichkeit, Jesus zu begegnen, der uns von Gleichgültigkeit und Einsamkeit befreit.

Im Alter darf man hoffen

Das Buch Jesus Sirach sagt, dass denen Seligkeit zuteilwird, die ihre Hoffnung nicht verloren haben (vgl. 14,2), und lässt damit erkennen, dass es in unserem Leben – insbesondere wenn es lang ist – viele Gründe geben kann, den Blick eher zurück als nach vorne zu richten. Doch wie Papst Franziskus während seines letzten Krankenhausaufenthalts schrieb, ist »unser Leib [zwar] schwach, aber selbst so kann uns nichts daran hindern, zu lieben, zu beten, uns selbst zu verschenken, füreinander im Glauben leuchtende Zeichen der Hoffnung zu sein« (Angelus, 16. März 2025). Wir haben eine Freiheit, die uns trotz aller Schwierigkeiten nicht entrissen werden kann: die Freiheit zu lieben und zu beten. Wir alle können immer lieben und beten.

Das Gute, das wir unseren Lieben wünschen – dem Ehepartner, mit dem wir einen Großteil unseres Lebens verbracht haben, unseren Kindern und Enkelkindern, die unsere Tage mit Freude erfüllen –, wird nicht weniger, wenn die Kräfte nachlassen. Im Gegenteil, oft ist es gerade ihre Zuneigung, die unsere Kräfte wieder weckt und uns Hoffnung und Trost schenkt.

Diese Zeichen der Lebendigkeit der Liebe, die ihre Wurzel in Gott selbst haben, ermutigen uns und erinnern uns daran, dass »wenn auch unser äußerer Mensch aufgerieben wird, der innere […] Tag für Tag erneuert [wird]« (2 Kor 4,16). Lasst uns darum, insbesondere im Alter, stets auf den Herrn vertrauen. Lassen wir uns jeden Tag durch die Begegnung mit ihm im Gebet und in der heiligen Messe erneuern. Geben wir mit Liebe den Glauben weiter, den wir so viele Jahre lang in der Familie und in den täglichen Begegnungen gelebt haben: Lasst uns Gott stets für sein Wohlwollen preisen, die Einheit mit unseren Lieben pflegen, unser Herz für diejenigen öffnen, die fern sind, und insbesondere für diejenigen, die in Not leben. So werden wir in jedem Lebensalter Zeichen der Hoffnung sein.

Aus dem Vatikan, am 26. Juni 2025

LEO PP. XIV

[00894-DE.01] [Original sprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

 

Feliz el que no ve desvanecerse su esperanza (cf. Si 14,2)

Queridos hermanos y hermanas:

El Jubileo que estamos viviendo nos ayuda a descubrir que la esperanza siempre es fuente de alegría, a cualquier edad. Asimismo, cuando esta ha sido templada por el fuego de una larga existencia, se vuelve fuente de una bienaventuranza plena.

La Sagrada Escritura presenta varios casos de hombres y mujeres ya avanzados en años, a los que el Señor invita a participar en sus designios de salvación. Pensemos en Abraham y Sara; siendo ya ancianos, permanecen incrédulos ante la palabra de Dios, que les promete un hijo. La imposibilidad de generar parecía haberles quitado su mirada de esperanza respecto al futuro.

La reacción de Zacarías ante el anuncio del nacimiento de Juan el Bautista no es diferente: «¿Cómo puedo estar seguro de esto? Porque yo soy anciano y mi esposa es de edad avanzada» (Lc 1,18). La ancianidad, la esterilidad y el deterioro parecen apagar las esperanzas de vida y de fecundidad de todos estos hombres y mujeres. También la pregunta que Nicodemo hace a Jesús, cuando el Maestro le habla de un “nuevo nacimiento”, parece puramente retórica: «¿Cómo un hombre puede nacer cuando ya es viejo? ¿Acaso puede entrar por segunda vez en el seno de su madre y volver a nacer?» (Jn 3,4). Sin embargo, en cada ocasión, frente a una respuesta aparentemente obvia, el Señor sorprende a sus interlocutores con un acto de salvación.

Los ancianos, signos de esperanza

En la Biblia, Dios muestra muchas veces su providencia dirigiéndose a personas avanzadas en años. Así ocurre no sólo con Abrahám, Sara, Zacarías e Isabel, sino también con Moisés, llamado a liberar a su pueblo siendo octogenario (cf. Ex 7,7). Con estas elecciones, Dios nos enseña que, a sus ojos, la ancianidad es un tiempo de bendición y de gracia, y que para Él los ancianos son los primeros testigos de esperanza. «¿Qué significa en mi vejez? —se pregunta al respecto san Agustín— Cuando me falten las fuerzas, no me abandones. Y aquí Dios te responde: Al contrario, que desfallezca tu vigor, para que esté presente el mío en ti, y así puedas decir con el Apóstol: “Cuando me debilito, entonces soy fuerte”» (Comentarios a los Salmos 70, 11). El hecho de que el número de personas en edad avanzada esté en aumento se convierte entonces para nosotros en un signo de los tiempos que estamos llamados a discernir, para leer correctamente la historia que vivimos.

La vida de la Iglesia y del mundo, en efecto, sólo se comprende en la sucesión de las generaciones, y abrazar a un anciano nos ayuda a comprender que la historia no se agota en el presente, ni se consuma entre encuentros fugaces y relaciones fragmentarias, sino que se abre paso hacia el futuro. En el libro del Génesis encontramos el conmovedor episodio de la bendición dada por Jacob, ya anciano, a sus nietos, los hijos de José. Sus palabras los animan a mirar al futuro con esperanza, como en el tiempo de las promesas de Dios (cf. Gn 48,8-20). Si, por tanto, es verdad que la fragilidad de los ancianos necesita del vigor de los jóvenes, también es verdad que la inexperiencia de los jóvenes necesita del testimonio de los ancianos para trazar con sabiduría el porvenir. ¡Cuán a menudo nuestros abuelos han sido para nosotros ejemplo de fe y devoción, de virtudes cívicas y compromiso social, de memoria y perseverancia en las pruebas! Este hermoso legado, que nos han transmitido con esperanza y amor, siempre será para nosotros motivo de gratitud y de coherencia.

Signos de esperanza para los ancianos

El Jubileo, desde sus orígenes bíblicos, ha representado un tiempo de liberación: los esclavos eran liberados, las deudas condonadas, las tierras restituidas a sus propietarios originarios. Era un momento de restauración del orden social querido por Dios, en el cual se reparaban las desigualdades y las opresiones acumuladas con los años. Jesús renueva estos acontecimientos de liberación cuando, en la sinagoga de Nazaret, proclama la buena noticia a los pobres, la vista a los ciegos, la liberación a los cautivos y la libertad a los oprimidos (cf. Lc 4,16-21).

Considerando a las personas ancianas desde esta perspectiva jubilar, también nosotros estamos llamados a vivir con ellas una liberación, sobre todo de la soledad y del abandono. Este año es el momento propicio para realizarla; la fidelidad de Dios a sus promesas nos enseña que hay una bienaventuranza en la ancianidad, una alegría auténticamente evangélica, que nos pide derribar los muros de la indiferencia, que con frecuencia aprisionan a los ancianos. Nuestras sociedades, en todas sus latitudes, se están acostumbrando con demasiada frecuencia a dejar que una parte tan importante y rica de su tejido sea marginada y olvidada.

Frente a esta situación, es necesario un cambio de ritmo, que atestigue una asunción de responsabilidad por parte de toda la Iglesia. Cada parroquia, asociación, grupo eclesial está llamado a ser protagonista de la “revolución” de la gratitud y del cuidado, y esto ha de realizarse visitando frecuentemente a los ancianos, creando para ellos y con ellos redes de apoyo y de oración, entretejiendo relaciones que puedan dar esperanza y dignidad al que se siente olvidado. La esperanza cristiana nos impulsa siempre a arriesgar más, a pensar en grande, a no contentarnos con el statu quo. En concreto, a trabajar por un cambio que restituya a los ancianos estima y afecto.

Por eso, el Papa Francisco quiso que la Jornada Mundial de los Abuelos y los Mayores se celebrase sobre todo yendo al encuentro de quien está solo. Y por esa misma razón, se ha decidido que quienes no puedan venir a Roma este año, en peregrinación, «podrán conseguir la Indulgencia jubilar si se dirigirán a visitar por un tiempo adecuado a los […] ancianos en soledad, […] como realizando una peregrinación hacia Cristo presente en ellos (cf. Mt 25, 34-36)» (Penitenciaría Apostólica, Normas sobre la Concesión de la Indulgencia Jubilar, III). Visitar a un anciano es un modo de encontrarnos con Jesús, que nos libera de la indiferencia y la soledad.

En la vejez se puede esperar

El libro del Eclesiástico afirma que la bienaventuranza es de aquellos que no ven desvanecerse su esperanza (cf. 14,2), dejando entender que en nuestra vida —especialmente si es larga— pueden existir muchos motivos para volver la vista atrás, más que hacia el futuro. Sin embargo, como escribió el Papa Francisco durante su último ingreso en el hospital, «nuestro físico está débil, pero, incluso así, nada puede impedirnos amar, rezar, entregarnos, estar los unos para los otros, en la fe, señales luminosas de esperanza» (Ángelus, 16 marzo 2025). Tenemos una libertad que ninguna dificultad puede quitarnos: la de amar y rezar. Todos, siempre, podemos amar y rezar.

El amor por nuestros seres queridos —por el cónyuge con quien hemos pasado gran parte de la vida, por los hijos, por los nietos que alegran nuestras jornadas— no se apaga cuando las fuerzas se desvanecen. Al contrario, a menudo ese afecto es precisamente el que reaviva nuestras energías, dándonos esperanza y consuelo.

Estos signos de vitalidad del amor, que tienen su raíz en Dios mismo, nos dan valentía y nos recuerdan que «aunque nuestro hombre exterior se vaya destruyendo, nuestro hombre interior se va renovando día a día» (2 Co 4,16). Por eso, especialmente en la vejez, perseveremos confiados en el Señor. Dejémonos renovar cada día por el encuentro con Él, en la oración y en la Santa Misa. Transmitamos con amor la fe que hemos vivido durante tantos años, en la familia y en los encuentros cotidianos; alabemos siempre a Dios por su benevolencia, cultivemos la unidad con nuestros seres queridos, que nuestro corazón abarque al que está más lejos y, en particular, a quien vive en una situación de necesidad. Seremos signos de esperanza, a cualquier edad.

Vaticano, 26 de junio de 2025

LEÓN PP. XIV

 

[00894-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

 

Bem-aventurado aquele que não perdeu a esperança (cf.Sir14, 2)

Queridos irmãos e irmãs,

O Jubileu que estamos a viver ajuda-nos a descobrir que a esperança é, em todas as idades, perene fonte de alegria. Além disso, quando é provada pelo fogo de uma longa existência, torna-se fonte de uma bem-aventurança plena.

A Sagrada Escritura apresenta vários casos de homens e mulheres já avançados em idade que o Senhor inclui nos seus desígnios de salvação. Pensemos em Abraão e Sara: já idosos, permanecem incrédulos diante da palavra de Deus, que lhes promete um filho. A impossibilidade de gerar parecia ter fechado o seu olhar de esperança para o futuro.

A reação de Zacarias ao anúncio do nascimento de João Batista não é diferente: «Como hei-de verificar isso, se estou velho e a minha esposa é de idade avançada?» (Lc 1, 18). A velhice, a esterilidade e a diminuição das forças parecem extinguir as esperanças de vida e fecundidade de todos esses homens e mulheres. E parece também puramente retórica a pergunta que Nicodemos faz a Jesus, quando o Mestre lhe fala de um “novo nascimento”: «Como pode um homem nascer, sendo velho? Porventura poderá entrar no ventre de sua mãe outra vez, e nascer?» (Jo 3, 4). Pois bem, em todas as ocasiões em que aparece uma resposta aparentemente óbvia, o Senhor surpreende os seus interlocutores com uma intervenção salvífica.

Os idosos, sinais de esperança

Na Bíblia, Deus mostra várias vezes a sua providência dirigindo-se a pessoas idosas. Foi o que aconteceu a Abraão, Sara, Zacarias, Isabel e também com Moisés, chamado a libertar o seu povo quando tinha oitenta anos (cf. Ex 7, 7). Com estas escolhas, Ele ensina-nos que, aos seus olhos, a velhice é um tempo de bênção e graça e que, para Ele, os idosos são as primeiras testemunhas da esperança. «O que é este tempo da velhice? – pergunta-se Santo Agostinho a este respeito, e continua – Deus responde-te assim: “Oh, que a tua força desapareça de verdade, para que em ti permaneça a minha força e possas dizer com o Apóstolo: quando sou fraco, então é que sou forte”» (Enarr. In Ps. 70, 11). Assim, a constatação de que hoje o número daqueles que estão avançados em idade aumenta cada vez mais torna-se, para nós, um sinal dos tempos que somos chamados a discernir, para ler bem a história que vivemos.

Com efeito, só se compreende a vida da Igreja e do mundo na sucessão das gerações. Por isso, abraçar um idoso ajuda-nos a entender que a história não se esgota no presente, nem em encontros rápidos e relações fragmentárias, mas se desenrola rumo ao futuro. No livro do Génesis, encontramos o comovente episódio da bênção dada por Jacó, já idoso, aos filhos de José, seus netos: as suas palavras os exortam a olhar com esperança para o futuro, como o tempo das promessas de Deus (cf. Gn 48, 8-20). Portanto, se é verdade que a fragilidade dos idosos precisa do vigor dos jovens, é igualmente verdade que a inexperiência dos jovens precisa do testemunho dos idosos para projetar o futuro com sabedoria. Quantas vezes os nossos avós foram para nós um exemplo de fé e devoção, de virtudes cívicas e compromisso social, de memória e perseverança nas provações! A nossa gratidão e coerência nunca serão suficientes para agradecer este bonito legado que nos foi deixado com tanta esperança e amor.

Sinais de esperança para os idosos

Desde as suas origens bíblicas, o Jubileu representou um tempo de libertação: os escravos eram libertados, as dívidas perdoadas, as terras devolvidas aos seus proprietários originais. Era um momento de restauração da ordem social desejada por Deus, em que se sanavam as desigualdades e as opressões acumuladas ao longo dos anos. Na sinagoga de Nazaré, Jesus renova estes eventos de libertação quando proclama a boa nova aos pobres, a visão aos cegos, a soltura dos prisioneiros e o retorno à liberdade para os oprimidos (cf. Lc 4, 16-21).

Olhando para os idosos nesta perspectiva jubilar, também nós somos chamados a viver com eles uma libertação, sobretudo da solidão e do abandono. Este ano é o momento propício para realizá-la: a fidelidade de Deus às suas promessas ensina-nos que há uma bem-aventurança na velhice, uma alegria autenticamente evangélica que nos convida a derrubar os muros da indiferença na qual os idosos estão frequentemente encerrados. Em todas as partes do mundo, as nossas sociedades estão a habituar-se, com demasiada frequência, a deixar que uma parte tão importante e rica do seu tecido social seja marginalizada e esquecida.

Perante esta situação, é necessária uma mudança de atitude, que testemunhe uma assunção de responsabilidade por parte de toda a Igreja. Cada paróquia, associação ou grupo eclesial é chamado a tornar-se protagonista da “revolução” da gratidão e do cuidado, a realizar-se através de visitas frequentes aos idosos, criando para eles e com eles redes de apoio e oração, tecendo relações que possam dar esperança e dignidade àqueles que se sentem esquecidos. A esperança cristã impele-nos continuamente a ousar mais, a pensar em grande, a não nos contentarmos com o status quo. Neste caso específico, a trabalhar por uma mudança que devolva aos idosos a estima e o afeto.

Por isso, o Papa Francisco quis que o Dia Mundial dos Avós e dos Idosos fosse celebrado, em primeiro lugar, encontrando aqueles que estão sozinhos. E decidiu-se, pela mesma razão, que aqueles que não puderem vir a Roma neste ano em peregrinação podem «obter a Indulgência jubilar se se deslocarem para visitar por um côngruo período […] idosos em solidão […] quase fazendo uma peregrinação em direção a Cristo presente neles (cf. Mt 25, 34-36)» (Penitenciaria Apostólica, Normas sobre a Concessão da Indulgência Jubilar, III). Visitar um idoso é um modo de encontrar Jesus, que nos liberta da indiferença e da solidão.

Na velhice, pode-se ter esperança

O livro de Ben Sirá afirma que a bem-aventurança é daqueles que não perderam a esperança (cf. 14, 2), dando a entender que na nossa vida – especialmente se for longa – podem existir muitos motivos para sempre lançar o olhar para o passado, em vez de olhar para o futuro. No entanto, como escreveu o Papa Francisco durante a sua última internação no hospital, «o nosso físico é débil mas, mesmo assim, nada nos pode impedir de amar, de rezar, de nos doarmos, de sermos uns pelos outros, na fé, sinais luminosos de esperança» (Angelus, 16 de março de 2025). Possuímos uma liberdade que nenhuma dificuldade pode tirar-nos: a de amar e rezar. Todos, sempre, podemos amar e rezar.

O bem que desejamos às pessoas que nos são caras – ao cônjuge com quem compartilhamos grande parte da vida, aos filhos, aos netos que alegram os nossos dias – não desaparece quando as forças se esvaem. Pelo contrário, muitas vezes é justamente o carinho deles que desperta as nossas energias, trazendo-nos esperança e conforto.

Estes sinais de vitalidade do amor, que têm a sua raiz em Deus mesmo, dão-nos coragem e recordam-nos que «mesmo se, em nós, o homem exterior vai caminhando para a ruína, o homem interior renova-se, dia após dia» (2 Cor 4, 16). Por isso, sobretudo na velhice, perseveremos confiantes no Senhor. Deixemo-nos renovar todos os dias, na oração e na Santa Missa, pelo encontro com Ele. Transmitamos com amor a fé que vivemos na família e nos encontros quotidianos durante tantos anos: louvemos sempre a Deus pela sua benevolência, cultivemos a unidade com as pessoas que nos são caras, abramos o nosso coração aos que estão mais longe e, em particular, aos necessitados. Assim, seremos sinais de esperança, em todas as idades.

Vaticano, 26 de junho de 2025

LEÃO PP. XIV

 

[00894-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

 

Błogosławiony, kto nie stracił nadziei (por. Syr 14, 2)

Drodzy Bracia i Siostry!

Jubileusz, który obecnie przeżywamy, pomaga nam odkryć, że nadzieja zawsze, w każdym wieku jest źródłem radości.. A kiedy hartuje ją ogień długiego życia, staje się źródłem pełnej szczęśliwości.

Pismo Święte przedstawia różne przykłady mężczyzn i kobiet w podeszłym wieku, których Pan angażuje w swoje plany zbawienia. Pomyślmy o Abrahamie i Sarze: będący już w sędziwym wieku, z niedowierzaniem podchodzą do słowa Boga, obiecującego im syna. Niemożność posiadania potomstwa zdawała się zamykać ich perspektywy nadziei na przyszłość.

Nie inaczej zareagował Zachariasz na zapowiedź narodzin Jana Chrzciciela: „Po czym to poznam? Bo sam jestem już stary i moja żona jest w podeszłym wieku” (Łk 1, 18). Starość, bezpłodność, schyłek życia zdają się gasić nadzieje na życie i płodność wszystkich tych mężczyzn i kobiet. Również pytanie, jakie Nikodem zadaje Jezusowi, gdy Nauczyciel mówi mu o „nowym narodzeniu”, wydaje się czysto retoryczne: „Jakżeż może się człowiek narodzić będąc starcem? Czyż może powtórnie wejść do łona swej matki i narodzić się?” (J 3, 4). Jednak za każdym razem, w obliczu pozornie oczywistej odpowiedzi, Pan zaskakuje swoich rozmówców interwencją zbawczą.

Osoby starsze, znaki nadziei

W Biblii Bóg wielokrotnie objawia swoją opatrzność, zwracając się do osób w podeszłym wieku. Tak było nie tylko w przypadku Abrahama, Sary, Zachariasza i Elżbiety, ale także Mojżesza, powołanego do wyzwolenia swojego ludu, gdy miał już osiemdziesiąt lat (por. Wj 7, 7). Poprzez te wybory uczy nas, że w Jego oczach starość jest czasem błogosławieństwa i łaski, a osoby starsze są dla Niego pierwszymi świadkami nadziei. „Czymże jest ów okres starości?” – pyta św. Augustyn. Bóg odpowiada: „dlatego osłabła twoja siła, żeby pozostała moja. Żebyś wraz z Apostołem powiedział: «Kiedy słaby jestem, wtedy jestem potężny»” (Objaśnienia psalmów, 70, 11, tłum, Jan Sulowski, Warszawa 1986, s. 244). Fakt, że dziś wzrasta liczba osób w podeszłym wieku, staje się dla nas znakiem czasów. Jesteśmy wezwani do jego rozeznania, aby właściwie odczytać historię, którą przeżywamy.

Życie Kościoła i świata można bowiem zrozumieć jedynie w następstwie kolejnych pokoleń, a otwarcie ramion wobec starszego człowieka pomaga nam zrozumieć, że historia nie kończy się w teraźniejszości, nie wyczerpuje się w pospiesznych spotkaniach i fragmentarycznych relacjach, ale biegnie ku przyszłości. W Księdze Rodzaju znajdujemy poruszające wydarzenie: udzielenie błogosławieństwa przez starego już Jakuba jego wnukom, synom Józefa. Jego słowa zachęcają ich do spojrzenia z nadzieją w przyszłość, jak w czasach obietnic Boga (por. Rdz 48, 8-20). Jeśli więc jest prawdą, że kruchość osób starszych domaga się żywotności młodych, to równie prawdą jest, że niedoświadczenie młodych potrzebuje świadectwa osób starszych, aby mądrze planować przyszłość. Jakże często nasi dziadkowie byli dla nas wzorem wiary i pobożności, cnót obywatelskich i zaangażowania społecznego, pamięci i wytrwałości w próbach! Na to piękne dziedzictwo, jakie przekazali nam z nadzieją i miłością, nigdy nie odpowiemy z wystarczającą wdzięcznością i konsekwencją.

Znaki nadziei dla osób starszych

Jubileusz, od swoich biblijnych początków, był czasem wyzwolenia: niewolnicy byli uwalniani, długi umarzane, ziemia zwracana pierwotnym właścicielom. Był to czas przywrócenia porządku społecznego zaplanowanego przez Boga, w którym znoszono nierówności i opresje, nagromadzone przez lata. Jezus odnawia te wydarzenia wyzwolenia, gdy w synagodze w Nazarecie ogłasza dobrą nowinę ubogim, przywrócenie wzroku niewidomym, wyzwolenie więźniów i uczynienie zniewolonych wolnymi (por. Łk 4,16-21).

Patrząc w tej jubileuszowej perspektywie na osoby starsze, również i my jesteśmy wezwani do przeżywania wraz z nimi wyzwolenia, zwłaszcza z samotności i opuszczenia. Ten rok jest odpowiednią chwilą, aby to urzeczywistnić: wierność Boga wobec Jego obietnic uczy nas, że w starości zawiera się błogosławieństwo, autentyczna radość ewangeliczna, która wymaga od nas zburzenia murów obojętności, w których często zamknięte są osoby starsze. Nasze społeczeństwa, na wszystkich szerokościach geograficznych, zbyt często przyzwyczajają się do pozostawiania tak ważnej i bogatej części swoich środowisk na marginesie i w zapomnieniu.

W obliczu tej sytuacji konieczna jest zmiana podejścia, która będzie świadczyć o przyjęciu odpowiedzialności przez cały Kościół. Każda parafia, każde stowarzyszenie, każda grupa kościelna jest wezwana do czynnego udziału w „rewolucji” wdzięczności i troski, którą należy realizować poprzez częste odwiedzanie osób starszych, tworzenie dla nich, i z nimi, sieci wsparcia i modlitwy, nawiązywanie relacji, które mogą dać nadzieję i godność tym, którzy czują się zapomniani. Chrześcijańska nadzieja zawsze pobudza nas do większej odwagi, do myślenia z rozmachem, do niezadowalania się status quo. W tym przypadku: do zaangażowania na rzecz zmiany, która przywróci osobom starszym szacunek i miłość.

Dlatego też Papież Franciszek chciał, aby Światowy Dzień Dziadków i Osób Starszych obchodzony był przede wszystkim jako spotkanie z osobami samotnymi. Z tego samego powodu postanowiono, że ci, którzy nie będą mogli przybyć w tym roku do Rzymu na pielgrzymkę, mogą „uzyskać odpust jubileuszowy, jeśli udadzą się w celu odwiedzenia samotnych osób starszych, [...] pielgrzymując niejako do obecnego w nich Chrystusa (por. Mt 25, 34-36)” (Penitencjaria Apostolska, Normy dotyczące udzielania odpustu jubileuszowego, III). Odwiedzenie osoby starszej, to sposób na spotkanie Jezusa, który nas wyzwala z obojętności i samotności.

W podeszłym wieku można mieć nadzieję

Księga Syracha stwierdza, że błogosławieni są ci, którzy nie stracili nadziei (por. 14, 2), sugerując, że w naszym życiu – zwłaszcza jeśli jest długie – może być wiele powodów, aby spoglądać wstecz, a nie w przyszłość. Jednak, jak napisał Papież Franciszek podczas swojej ostatniej hospitalizacji, „nasze ciała są słabe, ale mimo to, nic nie może nam przeszkodzić w miłowaniu, w modlitwie, w ofiarowaniu samych siebie, by być – w wierze – jeden dla drugiego, jaśniejącymi znakami nadziei” (Angelus, 16 marca 2025 r.). Mamy wolność, której nie może nam odebrać żadna trudność: wolność miłowania i modlitwy. Wszyscy, zawsze, możemy kochać i modlić się.

Dobro, którego pragniemy dla naszych bliskich – dla małżonka, z którym spędziliśmy większość życia, dla dzieci, dla wnuków, którzy radują nasze dni – nie gaśnie, kiedy ustają siły. Wręcz przeciwnie, często to właśnie ich miłość budzi w nas energię, przynosząc nam nadzieję i pociechę.

Te oznaki żywotnej miłości, które mają swoje źródło w samym Bogu, dodają nam odwagi i przypominają, że „chociaż niszczeje nasz człowiek zewnętrzny, to jednak ten, który jest wewnątrz, odnawia się z dnia na dzień” (2 Kor 4, 16). Dlatego, zwłaszcza będąc w podeszłym wieku, wytrwajmy w zaufaniu do Pana. Pozwólmy, by każdego dnia odnawiało nas spotkanie z Nim – na modlitwie i we Mszy św. Przekazujmy z miłością wiarę, którą żyliśmy przez tyle lat, w rodzinie i w codziennych spotkaniach. Wysławiajmy zawsze Boga za Jego dobroć, pielęgnujmy jedność z naszymi bliskimi, otwierajmy serce na tych, którzy są daleko, a zwłaszcza na tych, którzy są w potrzebie. Bądźmy znakami nadziei – w każdym wieku.

Watykan, dnia 26 czerwca 2025 r.

LEON PP. XIV

 

[00894-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

 

رسالة قداسة البابا لاوُن الرّابع عشر

في اليوم العالمي الخامس للأجداد وكبار السّنّ

27 تمّوز/يوليو 2025

طوبى لِمَن لم يَخِبْ رَجاؤُه“ (راجع يشوع بن سيراخ 14، 2)

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء!

اليوبيل الذي نحتفل به اليوم يساعدنا لنكتشف أنّ الرّجاء هو دائمًا ينبوع فرح، وفي كلّ الأعمار. وعندما يُصقَل الرّجاء بنار حياة طويلة، يصير ينبوع سعادة كاملة.

الكتب المقدّسة تُقدِّم لنا أمثلة عديدة لرجال ونساء متقدّمين في السّنّ، اختارهم الله ليشاركوا في مخطّطته الخلاصيّ. لنفكّر في إبراهيم وسارة: كانا كبيريَن في السّنّ، وبقيا في حالة شكّ وعدم إيمان أمام كلمة الله الذي وعدهما بابن. يبدو أنّ استحالة الإنجاب قد أفقدتهما الرّجاء في المستقبل.

ولم تكن ردّة فعل زكريا مختلفة أمام إعلان ولادة يوحنّا المعمدان: "بِمَ أَعرِفُ هذا وأَنا شَيخٌ كَبير، وَامرَأَتي طاعِنَةٌ في السِّنّ؟" (لوقا 1، 18). الشّيخوخة والعقم والعياء يبدو أنّها تُطفئ رجاء هؤلاء الرّجال والنّساء بالحياة والخصوبة. وكذلك السّؤال الذي طرحه نيقوديمُس على يسوع عندما كلّمه المعلِّم على ”ولادة جديدة“ يبدو وكأنّه سؤال نظري: "كَيفَ يُمكِنُ الإِنسانَ أَن يُولَدَ وهوَ شَيخٌ كَبير؟ أَيَستَطيعُ أَن يَعودَ إِلى بَطنِ أُمِّهِ ويُولَد؟" (يوحنّا 3، 4). ومع ذلك، في كلّ مرّة، وأمام جواب يبدو وكأنّه أمر مفروغ منه، وميؤوس منه، يفاجئ الرّبّ يسوع محاوريه بجواب يُدخِلُهم في شيء جديد في خطّة الخلاص.

 

المتقدّمون في السّنّ هم علامات رجاء

في الكتاب المقدس، بيَّن الله عنايته الإلهيّة مرّات عديدة فتوجّه إلى أشخاص متقدّمين في السّنّ. هكذا حدث ليس فقط مع إبراهيم وسارة وزكريا وأليصابات، بل أيضًا مع موسى، الذي دُعي لتحرير شعبه وهو في سنّ الثّمانين (راجع خروج 7، 7). ومن خلال هذه الاختيارات، الله يعلّمنا أنّ الشّيخوخة في عينيه هي زمن بركة ونعمة، وأنّ كبار السّنّ، بالنّسبة له، هم أوَّلُ شهودٍ للرّجاء. تساءل القدّيس أغسطينس: "ما هو زمن الشّيخوخة هذا؟ فيُجيبك الله هنا: آه، قوّتك تضعف حقًّا، لكي تبقى قوّتي فيك، فتقدر أن تقول مع الرّسول: عندما أكون ضعيفًا، حينئذٍ أكون قويًّا" (شرح المزمور 70، 11). إنّ ازدياد عدد المتقدّمين في السّنّ في أيامنا هذه يصير لنا إذًا علامة من علامات الأزمنة، التي نحن مدعوّون إلى أن نراها حتّى نفهم جيّدًا التّاريخ الذي نعيشه.

حياة الكنيسة والعالم لا تُفهم إلّا بتعاقب الأجيال. معانقة إنسان متقدِّم في السّنّ وقبوله يساعدنا لنفهم أنّ التّاريخ لا ينتهي في الحاضر، ولا يُستهلك في لقاءات سريعة وعلاقات مفكّكة، بل يمتد نحو المستقبل. في سفر التّكوين، نجد الحدث المؤثّر الذي بارك فيه يعقوب حفيدَيه، ابنَي يوسف، وكان قد صار كبيرًا في السّنّ: وقد شجّعهما كلامه على النّظر برجاء إلى المستقبل، كما كان في زمن وعود الله (راجع تكوين 48، 8-20). إن كان صحيحًا أنّ ضعف المتقدّمين في السّنّ يحتاج إلى قوّة ونشاط الشّباب، فإنّه من الصّحيح أيضًا أنّ قلّة خبرة الشّباب تحتاج إلى شهادة كبار السّنّ ليخطّطوا بحكمة لمستقبلهم. كم مرّة كان أجدادنا لنا مثالًا في الإيمان والتّقوى، وفي الفضائل المدنيّة والالتزام في المجتمع، وفي الذّاكرة والمثابرة في المِحَن! هذا الإرث الجميل، الذي سلّموه إلينا برجاء ومحبّة، لن نقدر أبدًا أن نشكرهم عليه وأن نقتدِي به بما فيه الكفاية.

علامات رجاء للمتقدّمين في السّنّ

كان اليوبيل منذ نشأته في الكتاب المقدّس يمثّل زمنًا للتحرّر: إعتاق العبيد، وإعفاء الدّيون، وإرجاع الأراضي إلى أصحابها الأصليّين. كان وقتًا لاستعادة النّظام الاجتماعي الذي أراده الله، الذي فيه كانت تُصحَّح الفروقات والظّلم المتراكم عبر السّنين. جدّد يسوع هذه الأحداث الخلاصيّة عندما أعلن في مجمع النّاصرة البشرى السّارة للفقراء، وللعميان عودة البصر، وللمأسورين تخلية سبيلهم، وللمظلومين الإفراج عنهم (راجع لوقا 4، 16-21).

إذا نظرنا إلى المتقدّمين في السّنّ من وجهة نظر اليوبِيل، نجد أنّنا نحن أيضًا مدعوّون إلى أن نعيش معهم التّحرّر، خصوصًا من حالة الوِحدَة ومن أن نكون متروكين. هذه السّنة هي الوقت المناسب لتحقيق ذلك: أمانة الله لوعوده تعلّمنا أنّ هناك سعادة في الشّيخوخة، وفرحًا إنجيليًّا حقيقيًّا، يطلب منّا أن نهدم جدران اللامبالاة التي تُحاصر مرارًا كبار السّنّ. بدأت مجتمعاتنا في كلّ مكان تعتاد كثيرًا على أن تنسى وتترك جزءًا مهمًّا وغنيًّا من بُنيتها على الهامش.

أمام هذا الوضع، لا بدّ من تغيير في النّهج، يشهد على تحمُّل كلّ الكنيسة لمسؤوليّتها. كلّ رعيّة، وكلّ جماعة، وكلّ مجموعة كنسيّة، مدعوّة إلى أن تصير رائدة في ”ثورة“ الشّكر والاهتمام، التي تتحقّق بزيارة المتقدّمين في السّنّ بشكل متكرّر، وإنشاء شبكات دعم وصلاة لهم ومعهم، ونسج علاقات يمكنها أن تُعطي الرّجاء والكرامة للذين يشعرون بأنّهم منسيّون. الرّجاء المسيحيّ يدفعنا دائمًا إلى أن نزداد جُرأة، وأن نفكّر بأفق واسع، وألّا نرضى بالوضع الرّاهن. في هذه الحالة، يدفعنا إلى أن نعمل من أجل تغييرٍ يُعيد التّقدير والمودّة إلى المتقدّمين في السّنّ.

لهذا، أراد البابا فرنسيس أن يُحتفل باليوم العالميّ للأجداد وكبار السّنّ، أوّلًا وقبل كلّ شيء، باللقاء مع من هو وحيد. وللسّبب نفسه، تقرّر أنّ الذين لا يستطيعون أن يقوموا بالحجّ إلى روما في هذه السّنة، يمكنهم "أن ينالوا الغفران في سنة اليوبِيل إن زاروا، في وقت مناسب، بعض المتقدّمين في السّنّ الذين يعيشون وحدهم، […] فكأنّهم يقومون بحجّ إلى المسيح الحاضر في المتقدّمين في السّنّ" (راجع متّى 25، 34-36) (محكمة التّوبة الرّسوليّة، القوانين الخاصّة بمنح الغفران في سنة اليوبيل، 3). زيارة كبير السّنّ هي وسيلة للقاء يسوع، الذي يحرّرنا من اللامبالاة والعزلة.

المتقدّمون في السّنّ يمكن أن يملأوا قلبهم بالرّجاء

سفر يشوع بن سيراخ يؤكّد أنّ السّعادة هي للذي لم يَخِب رجاؤه (راجع يشوع بن سيراخ 14، 2)، هذا يعني أنّ في حياتنا – خاصّة إن كانت طويلة – يمكن أن تكون أسباب كثيرة تدفعنا إلى النّظر إلى الخلف، بدلًا من النّظر إلى المستقبل. مع ذلك، كما كتب البابا فرنسيس خلال إقامته الأخيرة في المستشفى: "جسدنا ضعيف، ولكن حتّى في هذه الحالة، لا يمكن لأيّ شيء أن يمنعنا من أن نحبّ، ونصلّي، ونبذل ذاتنا، ونكون بعضنا لبعض، في الإيمان، علامات رجاء مضيئة" (صلاة الملاك، 16 آذار/مارس 2025). لنا حرّيّة لا يمكن لأيّ صعوبةٍ أن تنزعها منّا: الحرّيّة لنحبّ ولنصلّي. يمكننا كلّنا، ودائمًا، أن نحبّ ونصلّي.

الخير الذي نريده لأحبّائنا – للزّوج أو الزّوجة الذي قضينا معه معظم حياتنا، وللأبناء، وللأحفاد الذين يملأون أيّامنا فرحًا – لا ينطفئ عندما تضعف قِوانا. بل في كثير من الأحيان، مودّتهم هي التي تُنعش قِوانا، وتمنحنا الرّجاء والرّاحة.

علامات المحبّة الحيّة هذه، التي تمتد جذورها في الله نفسه، تمنحنا الشّجاعة وتذكّرنا بأنّه "إِذا كانَ الإِنسانُ الظَّاهِرُ فينا يَخرَب، فالإِنسانُ الباطِنُ يَتَجَدَّدُ يَومًا بَعدَ يَوم" (2 قورنتس 4، 16). لذلك، وخاصّة في الشّيخوخة، لِنَثبُتْ بثقة في الرّبّ يسوع. ولْنَترُكْ أنفسنا تتجدّد كل يوم بلقائنا به، في الصّلاة وفي القداس الإلهيّ. ولْنَنقُلْ إلى غيرنا، بمحبّة، الإيمان الذي عشناه سنوات طويلة في العائلة وفي اللقاءات اليومية: لِنُسَبِّحِ الله دائمًا على لطفه وإحسانه، ولْنُنَمِّ الوَحدة مع أحبائنا، ولْنَفتَحْ قلوبنا للبعيدين، وخاصّة للمحتاجين. إذّاك سنكون علامات رجاء، في كلّ الأعمار.

من الفاتيكان، يوم 26 حزيران/يونيو 2025.

لاوُن الرّابع عش

[00894-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0491-XX.01]