Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Messaggio del Santo Padre Leone XIV per la XL Giornata Mondiale della Gioventù 2025, 07.10.2025


 

Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Leone XIV ha inviato ai giovani e alle giovani del mondo per la XL Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata nelle Chiese particolari il prossimo 23 novembre 2025, sul tema: «Anche voi date testimonianza, perché siete con me» (Gv 15,27):

Messaggio del Santo Padre

 

«Anche voi date testimonianza, perché siete con me» (Gv 15,27)

Cari giovani!

All’inizio di questo mio primo messaggio rivolto a voi, desidero anzitutto dirvi grazie! Grazie per la gioia che avete trasmesso quando siete venuti a Roma per il vostro Giubileo e grazie anche a tutti i giovani che si sono uniti a noi nella preghiera da ogni parte del mondo. È stato un evento prezioso per rinnovare l’entusiasmo della fede e condividere la speranza che arde nei nostri cuori! Perciò facciamo in modo che l’incontro giubilare non rimanga un momento isolato, ma segni, per ognuno di voi, un passo avanti nella vita cristiana e un forte incoraggiamento a perseverare nella testimonianza della fede.

Proprio questa dinamica sta al centro della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che celebreremo nella domenica di Cristo Re, il 23 novembre, e che avrà come tema «Anche voi date testimonianza, perché siete con me» (Gv 15,27). Con la forza dello Spirito Santo, da pellegrini di speranza ci prepariamo a diventare testimoni coraggiosi di Cristo. Iniziamo dunque, da ora, un percorso che ci guiderà fino all’edizione internazionale della GMG a Seoul, nel 2027. In tale prospettiva, vorrei soffermarmi su due aspetti della testimonianza: la nostra amicizia con Gesù, che accogliamo da Dio come dono; e l’impegno di ciascuno nella società, come costruttori di pace.

Amici, perciò testimoni

La testimonianza cristiana nasce dall’amicizia con il Signore, crocifisso e risorto per la salvezza di tutti. Essa non si confonde con una propaganda ideologica, ma è un vero principio di trasformazione interiore e di sensibilizzazione sociale. Gesù ha voluto chiamare “amici” i discepoli ai quali ha fatto conoscere il Regno di Dio e ha chiesto di rimanere con Lui, per formare la sua comunità e per inviarli a proclamare il Vangelo (cfr Gv 15,15.27). Quando dunque Gesù ci dice: “Date testimonianza”, ci sta assicurando che ci considera suoi amici. Lui solo conosce pienamente chi siamo e perché siamo qui: conosce il cuore di voi giovani, il vostro fremito davanti a discriminazioni e ingiustizie, il vostro desiderio di verità e di bellezza, di gioia e di pace; con la sua amicizia vi ascolta, vi motiva e vi guida, chiamando ciascuno a una nuova vita.

Lo sguardo di Gesù, che vuole sempre e solo il nostro bene, ci precede (cfr Mc 10,21). Non ci vuole come servi, né come “attivisti” di un partito: ci chiama a stare con Lui come amici, perché la nostra vita venga rinnovata. E la testimonianza deriva spontaneamente dalla gioiosa novità di questa amicizia. È un’amicizia unica, che ci dona la comunione con Dio; un’amicizia fedele, che ci fa scoprire la nostra dignità e quella altrui; un’amicizia eterna, che neanche la morte può distruggere, perché ha nel Crocifisso risorto il suo principio.

Pensiamo al messaggio che l’apostolo Giovanni ci lascia alla fine del quarto Vangelo: «Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera» (Gv 21,24). Tutto il racconto precedente viene riassunto come una “testimonianza”, piena di gratitudine e di stupore, da parte di un discepolo che non dice mai il proprio nome, ma si definisce “il discepolo che Gesù amava”. Questo appellativo è il riflesso di una relazione: non è il nome di un individuo, ma la testimonianza di un legame personale con Cristo. Ecco cosa importa davvero per Giovanni: essere discepolo del Signore e sentirsi amato da Lui. Comprendiamo allora che la testimonianza cristiana è frutto della relazione di fede e di amore con Gesù, nel quale troviamo la salvezza della nostra vita. Ciò che scrive l’apostolo Giovanni vale anche per voi, carissimi giovani. Siete invitati da Cristo a seguirlo e a sedervi accanto a Lui, per ascoltare il suo cuore e condividere da vicino la sua vita! Ognuno per Lui è un “discepolo amato”, e da questo amore nasce la gioia della testimonianza.

Un altro coraggioso testimone del Vangelo è il Precursore di Gesù, Giovanni il Battista, che ha dato «testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui» (Gv 1,7). Pur godendo di grande fama fra il popolo, egli sapeva bene di essere solo una “voce” che indica il Salvatore: «Ecco l’Agnello di Dio» (Gv 1,36). Il suo esempio ci ricorda che il vero testimone non ha l’obiettivo di occupare la scena, non cerca seguaci da legare a sé. Il vero testimone è umile e interiormente libero, anzitutto da sé stesso, cioè dalla pretesa di essere al centro dell’attenzione. Perciò è libero di ascoltare, di interpretare e anche di dire la verità a tutti, anche di fronte ai potenti. Da Giovanni il Battista impariamo che la testimonianza cristiana non è un annuncio di noi stessi e non celebra le nostre capacità spirituali, intellettuali o morali. La vera testimonianza è riconoscere e mostrare Gesù, l’unico che ci salva, quando Egli appare. Giovanni lo riconobbe tra i peccatori, immerso nella comune umanità. Per questo Papa Francesco ha tanto insistito: se non usciamo da noi stessi e dalle nostre zone di comodità, se non andiamo verso i poveri e chi si sente escluso dal Regno di Dio, noi non incontriamo e non testimoniamo Cristo. Smarriamo la dolce gioia di essere evangelizzati e di evangelizzare.

Carissimi, invito ciascuno di voi a continuare la ricerca, nella Bibbia, degli amici e testimoni di Gesù. Leggendo i Vangeli, vi accorgerete che tutti hanno trovato nella relazione viva con Cristo il senso vero della vita. In effetti, le nostre domande più profonde non trovano ascolto, né risposta nello scrolling infinito sul cellulare, che cattura l’attenzione lasciando affaticata la mente e vuoto il cuore. Non ci portano lontano se le teniamo chiuse in noi stessi o in circoli troppo ristretti. La realizzazione dei nostri desideri autentici passa sempre attraverso l’uscire da noi stessi.

Testimoni, perciò missionari

In questo modo voi giovani, con l’aiuto dello Spirito Santo, potete diventare missionari di Cristo nel mondo. Tanti vostri coetanei sono esposti alla violenza, costretti ad usare le armi, obbligati alla separazione dai propri cari, alla migrazione e alla fuga. Molti mancano dell’istruzione e di altri beni essenziali. Tutti condividono con voi la ricerca di senso e l’insicurezza che l’accompagna, il disagio per le crescenti pressioni sociali o lavorative, la difficoltà di affrontare le crisi familiari, la sensazione dolorosa della mancanza di opportunità, il rimorso per gli errori commessi. Voi stessi potete mettervi al fianco di altri giovani, camminare con loro e mostrare che Dio, in Gesù, si è fatto vicino ad ogni persona. Come amava dire Papa Francesco: «Cristo mostra che Dio è vicinanza, compassione e tenerezza» (Lett. enc. Dilexit nos, 35).

È vero: non sempre è facile dare testimonianza. Nei Vangeli troviamo spesso la tensione fra accoglienza e rifiuto di Gesù: «La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta» (Gv 1,5). In modo simile, il discepolo-testimone sperimenta in prima persona il rifiuto e a volte persino l’opposizione violenta. Il Signore non nasconde questa dolorosa realtà: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Proprio essa diventa tuttavia l’occasione per mettere in pratica il comandamento più alto: «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5,44). È ciò che hanno fatto i martiri fin dall’inizio della Chiesa.

Cari giovani, questa non è una storia che appartiene solo al passato. Ancora oggi, in tanti luoghi del mondo, i cristiani e le persone di buona volontà soffrono persecuzione, menzogna e violenza. Forse anche voi siete stati toccati da questa dolorosa esperienza e forse siete stati tentati di reagire istintivamente mettendovi al livello di chi vi ha rifiutato, assumendo atteggiamenti aggressivi. Ricordiamoci però il sapiente consiglio di San Paolo: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,21).

Non lasciatevi dunque scoraggiare: come i santi, anche voi siete chiamati a perseverare con speranza, soprattutto davanti a difficoltà e ostacoli.

La fraternità come legame di pace

Dall’amicizia con Cristo, che è dono dello Spirito Santo in noi, nasce un modo di vivere che porta in sé il carattere della fraternità. Un giovane che ha incontrato Cristo porta ovunque il “calore” e il “sapore” della fraternità, e chiunque entra in contatto con lui o con lei è attratto in una dimensione nuova e profonda, fatta di vicinanza disinteressata, di compassione sincera e di tenerezza fedele. Lo Spirito Santo ci fa vedere il prossimo con occhi nuovi: nell’altro c’è un fratello, una sorella!

La testimonianza della fraternità e della pace, che l’amicizia con Cristo suscita in noi, ci solleva dall’indifferenza e dalla pigrizia spirituale, facendoci superare chiusure e sospetti. Ci lega inoltre gli uni agli altri, sospingendoci a impegnarci insieme, dal volontariato alla carità politica, per costruire nuove condizioni di vita per tutti. Non seguite chi usa le parole della fede per dividere: organizzatevi, invece, per rimuovere le disuguaglianze e riconciliare comunità polarizzate e oppresse. Perciò, cari amici, ascoltiamo la voce di Dio in noi e vinciamo il nostro egoismo, diventando operosi artigiani di pace. Allora quella pace, che è dono del Signore Risorto (cfr Gv 20,19), si renderà visibile nel mondo tramite la comune testimonianza di chi porta nel cuore il suo Spirito.

Carissimi giovani, davanti alle sofferenze e alle speranze del mondo, fissiamo lo sguardo su Gesù. Mentre stava per morire sulla croce, Egli affidò la Vergine Maria a Giovanni come madre, e lui a lei come figlio. Quel dono estremo d’amore è per ogni discepolo, per tutti noi. Vi invito perciò ad accogliere questo santo legame con Maria, Madre piena di affetto e di comprensione, coltivandolo in particolare con la preghiera del Rosario. Così, in ogni situazione della vita, sperimenteremo che non siamo mai soli, ma sempre figli amati, perdonati e incoraggiati da Dio. Di questo, con gioia, date testimonianza!

Dal Vaticano, 7 ottobre 2025, Memoria della B.V. Maria del Santo Rosario.

LEONE PP. XIV

 

[01277-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

« Vous aussi, vous allez rendre témoignage, car vous êtes avec moi » (Jn 15, 27)

Chers jeunes !

Au début de ce premier message que je vous adresse, je tiens tout d’abord à vous dire merci ! Merci pour la joie que vous avez répandue lorsque vous êtes venus à Rome pour votre Jubilé, et merci aussi à tous les jeunes qui se sont unis à nous dans la prière depuis les quatre coins du monde. Ce fut un événement précieux pour renouveler l’enthousiasme de la foi et partager l’espérance qui brûle dans nos cœurs ! Faisons donc en sorte que cette rencontre jubilaire ne reste pas un moment isolé, mais marque, pour chacun d’entre vous, un pas en avant dans la vie chrétienne et un encouragement fort à persévérer dans le témoignage de la foi.

C’est précisément cette dynamique qui est au cœur de la prochaine Journée Mondiale de la Jeunesse, que nous célébrerons le dimanche du Christ Roi, le 23 novembre, et qui aura pour thème « Vous aussi, vous allez rendre témoignage, car vous êtes avec moi » (Jn 15, 27). Avec la force de l’Esprit Saint, en tant que pèlerins de l’espérance, nous nous préparons à devenir des témoins courageux du Christ. Commençons donc dès maintenant un chemin qui nous mènera jusqu’à l’édition internationale des JMJ à Séoul, en 2027. Dans cette perspective, je voudrais m’arrêter sur deux aspects du témoignage : notre amitié avec Jésus, que nous recevons de Dieu comme un don ; et l’engagement de chacun dans la société, en tant que bâtisseurs de paix.

Amis, donc témoins

Le témoignage chrétien naît de l’amitié avec le Seigneur, crucifié et ressuscité pour le salut de tous. Il ne doit pas être confondu avec une propagande idéologique, mais il est un véritable principe de transformation intérieure et de sensibilisation sociale. Jésus a voulu appeler “amis” les disciples à qui il a fait connaître le Royaume de Dieu et à qui il a demandé de rester avec lui, pour former sa communauté et les envoyer proclamer l’Évangile (cf. Jn 15, 15.27). Ainsi, lorsque Jésus nous dit : “rendez témoignage”, il nous assure qu’il nous considère comme ses amis. Lui seul sait pleinement qui nous sommes et pourquoi nous sommes ici : il connait vos cœurs, vous les jeunes, votre indignation face aux discriminations et aux injustices, votre désir de vérité et de beauté, de joie et de paix ; par son amitié, il vous écoute, vous motive et vous guide, appelant chacun à une vie nouvelle.

Le regard de Jésus, qui veut toujours et seulement notre bien, nous précède (cf. Mc 10, 21). Il ne nous veut pas comme serviteurs, ni comme “militants” d’un parti : il nous appelle à être avec lui comme des amis, afin que notre vie soit renouvelée. Et le témoignage découle spontanément de la nouveauté joyeuse de cette amitié. C’est une amitié unique, qui nous donne la communion avec Dieu ; une amitié fidèle, qui nous fait découvrir notre dignité et celle des autres ; une amitié éternelle, que même la mort ne peut détruire, car elle a son origine dans le Crucifié ressuscité.

Pensons au message que l’apôtre Jean nous laisse à la fin du quatrième Évangile : « C’est ce disciple qui témoigne de ces choses et qui les a écrites, et nous savons que son témoignage est vrai » (Jn 21, 24). Tout le récit précédent est résumé comme un “témoignage”, plein de gratitude et d’émerveillement, de la part d’un disciple qui ne dit jamais son nom, mais se définit comme “le disciple que Jésus aimait”. Cette dénomination reflète une relation : ce n’est pas le nom d’un individu, mais le témoignage d’un lien personnel avec le Christ. Voici ce qui importe vraiment pour Jean : être disciple du Seigneur et se sentir aimé de Lui. Nous comprenons alors que le témoignage chrétien est le fruit de la relation de foi et d’amour avec Jésus, en qui nous trouvons le salut de notre vie. Ce qu’écrit l’apôtre Jean vaut également pour vous, chers jeunes. Vous êtes invités par le Christ à le suivre et à vous asseoir à ses côtés, pour écouter son cœur et partager de près sa vie ! Chacun est pour lui un “disciple bien-aimé”, et de cet amour naît la joie du témoignage.

Un autre témoin courageux de l’Évangile est le précurseur de Jésus, Jean-Baptiste, qui a rendu « témoignage à la Lumière, afin que tous croient par lui » (Jn 1, 7). Bien qu’il jouisse d’une grande renommée parmi le peuple, il sait bien qu’il n’est qu’une “voix” qui indique le Sauveur : «Voici l’Agneau de Dieu » (Jn 1, 36). Son exemple nous rappelle que le véritable témoin n’a pas pour objectif d’occuper le devant de la scène, il ne cherche pas à attirer des disciples à lui. Le véritable témoin est humble et intérieurement libre, avant tout de lui-même, c’est-à-dire de la prétention d’être au centre de l’attention. Il est donc libre d’écouter, d’interpréter et même de dire la vérité à tous, même face aux puissants. Jean-Baptiste nous enseigne que le témoignage chrétien n’est pas une proclamation de nous-mêmes et ne célèbre pas nos capacités spirituelles, intellectuelles ou morales. Le véritable témoignage consiste à reconnaître et à montrer Jésus, le seul qui nous sauve, lorsqu’il apparaît. Jean l’a reconnu parmi les pécheurs, immergé dans l’humanité commune. C’est pourquoi le Pape François a tant insisté : si nous ne sortons pas de nous-mêmes et de nos zones de confort, si nous n’allons pas vers les pauvres et ceux qui se sentent exclus du Royaume de Dieu, nous ne rencontrons pas et ne témoignons pas du Christ. Nous perdons la douce joie d’être évangélisés et d’évangéliser.

Chers amis, j’invite chacun d’entre vous à poursuivre la recherche, dans la Bible, des amis et des témoins de Jésus. En lisant les Évangiles, vous vous rendrez compte que tous ont trouvé le vrai sens de la vie dans leur relation vivante avec le Christ. En effet, nos questions les plus profondes ne trouvent ni écoute ni réponse dans le défilement infini sur notre téléphone portable, qui capte notre attention tout en laissant notre esprit fatigué et notre cœur vide. Elles ne nous mènent pas loin si nous les gardons enfermées en nous-mêmes ou dans des cercles trop restreints. La réalisation de nos désirs authentiques passe toujours par le fait de sortir de nous-mêmes.

Témoins, donc missionnaires

Ainsi, vous, les jeunes, avec l’aide du Saint-Esprit, vous pouvez devenir des missionnaires du Christ dans le monde. Beaucoup de vos pairs sont exposés à la violence, contraints d’utiliser des armes, obligés de se séparer de leurs proches, de migrer et de fuir. Beaucoup manquent d’instruction et d’autres biens essentiels. Tous partagent avec vous la recherche de sens et l’insécurité qui l’accompagne, le malaise face aux pressions sociales ou professionnelles croissantes, la difficulté à faire face aux crises familiales, le sentiment douloureux du manque d’opportunités, le remords pour les erreurs commises. Vous pouvez vous-mêmes vous mettre aux côtés d’autres jeunes, marcher avec eux et leur montrer que Dieu, en Jésus, s’est fait proche de chaque personne. Comme aimait à le dire le Pape François : « Le Christ montre que Dieu est proximité, compassion et tendresse » (Lett. enc. Dilexit nos, n. 35).

Il est vrai qu’il n’est pas toujours facile de témoigner. Dans les Évangiles, nous trouvons souvent la tension entre l’accueil et le rejet de Jésus : « La lumière brille dans les ténèbres, et les ténèbres ne l’ont pas arrêtée » (Jn 1, 5). De même, le disciple-témoin fait l’expérience directe du rejet et parfois même de l’opposition violente. Le Seigneur ne cache pas cette douloureuse réalité : « Si l’on m’a persécuté, on vous persécutera, vous aussi » (Jn 15, 20). C’est précisément cela qui devient l’occasion de mettre en pratique le commandement suprême : « Aimez vos ennemis, et priez pour ceux qui vous persécutent » (Mt 5, 44). C’est ce qu’ont fait les martyrs depuis les débuts de l’Église.

Chers jeunes, cette histoire n’appartient pas seulement au passé. Aujourd’hui encore, dans de nombreux endroits du monde, les chrétiens et les personnes de bonne volonté souffrent de persécutions, de mensonges et de violences. Peut-être avez-vous vous aussi été touchés par cette expérience douloureuse et peut-être avez-vous été tentés de réagir instinctivement en vous mettant au niveau de ceux qui vous ont rejetés, en adoptant des attitudes agressives. Mais rappelons-nous le sage conseil de saint Paul : « Ne te laisse pas vaincre par le mal, mais sois vainqueur du mal par le bien » (Rm 12, 21).

Ne vous laissez donc pas décourager : comme les saints, vous êtes appelés vous aussi à persévérer avec espérance, surtout face aux difficultés et aux obstacles.

La fraternité comme lien de paix

De l’amitié avec le Christ, qui est un don du Saint-Esprit en nous, naît un mode de vie qui porte en lui le caractère de la fraternité. Un jeune qui a rencontré le Christ apporte partout la “chaleur” et la “saveur” de la fraternité, et quiconque entre en contact avec lui, ou elle, est attiré dans une dimension nouvelle et profonde, faite de proximité désintéressée, de compassion sincère et de tendresse fidèle. Le Saint-Esprit nous fait voir notre prochain avec un regard nouveau : dans l’autre, il y a un frère, une sœur !

Le témoignage de fraternité et de paix que l’amitié avec le Christ suscite en nous nous élève au-dessus de l’indifférence et de la paresse spirituelle, nous aidant à surmonter nos fermetures et nos soupçons. Il nous lie également les uns aux autres, nous poussant à nous engager ensemble, du bénévolat à la charité politique, pour construire de nouvelles conditions de vie pour tous. Ne suivez pas ceux qui utilisent les mots de la foi pour diviser : organisez-vous plutôt pour éliminer les inégalités et réconcilier les communautés polarisées et opprimées. C’est pourquoi, chers amis, écoutons la voix de Dieu en nous et triomphons de notre égoïsme, en devenant des artisans actifs de la paix. Alors cette paix, qui est un don du Seigneur ressuscité (cf. Jn 20, 19), deviendra visible dans le monde à travers le témoignage commun de ceux qui portent son Esprit dans leur cœur.

Chers jeunes, face aux souffrances et aux espérances du monde, fixons notre regard sur Jésus. Alors qu’il était sur le point de mourir sur la croix, il a confié la Vierge Marie à Jean comme mère, et lui à elle comme fils. Ce don extrême d’amour est pour chaque disciple, pour nous tous. Je vous invite donc à accueillir ce lien sacré avec Marie, Mère pleine d’affection et de compréhension, en le cultivant en particulier par la prière du Rosaire. Ainsi, dans chaque situation de la vie, nous ferons l’expérience que nous ne sommes jamais seuls, mais toujours des fils aimés, pardonnés et encouragés par Dieu. Témoignez-en avec joie !

Du Vatican, le 7 octobre 2025, Mémoire de la B.V. Marie du Saint Rosaire.

LEONE PP. XIV

[01277-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

«You also are my witnesses, because you have been with me» (Jn 15:27).

Dear young people,

As I begin my first message to you, I would like to say thank you! Thank you for the joy you brought when you came to Rome for your Jubilee, and thank you to all the young people who were united to us through their prayer from every part of the world. It was a precious moment for renewing our enthusiasm for the faith and sharing the hope that burns in our hearts! Rather than being an isolated event, I hope the Jubilee encounter marks for each of you a step forward in Christian life and a strong encouragement to persevere in witnessing to your faith.

That same dynamic is at the heart of the next World Youth Day, which we will celebrate on 23 November, Solemnity of Christ the King, with the theme: “You also are my witnesses, because you have been with me” (Jn 15:27). As pilgrims of hope, by the power of the Holy Spirit, we prepare ourselves to become courageous witnesses of Christ. Let us begin a journey that will lead us to the international World Youth Day in Seoul in 2027. With this in mind, I would like to focus on two aspects of witness: our friendship with Jesus, which we receive from God as a gift, and our commitment to be builders of peace in society.

Friends, therefore witnesses

Christian witness arises from friendship with the Lord, who was crucified and rose for the salvation of all. This witness is not to be confused with ideological propaganda, for it is an authentic principle of interior transformation and social awareness. Jesus chose to call his disciples “friends.” He made known to them the Kingdom of God, asked them to remain with him, to become his community, and sent them to proclaim the Gospel (cf. Jn 15:15, 27). So when Jesus tells us, “Be witnesses,” he is assuring us that he considers us as his friends. He alone fully knows who we are and why we are here; young people, he knows your heart, your indignation in the face of discrimination and injustice, your desire for truth and beauty, for joy and peace. Through his friendship, he listens to you, motivates you, and guides you, calling each of you to a new life.

The gaze of Jesus, who always wants nothing but our good, precedes us (cf. Mk 10:21). He does not want us to be servants, nor “activists” of a political party; he calls us to be with him as friends, so that our lives may be renewed. And witness arises spontaneously from the joyful newness of this friendship. It is a unique friendship that grants us communion with God, a faithful friendship that helps us discover our dignity and that of others, an eternal friendship that not even death can destroy, because the risen and crucified Lord is its source.

Let us consider the message the Apostle John gives us at the end of the fourth Gospel: “This is the disciple who is bearing witness to these things, and who has written these things; and we know that his testimony is true” (Jn 21:24). The entire preceding account is summarized as a “testimony,” full of gratitude and wonder, from a disciple who never reveals his name, but calls himself “the disciple whom Jesus loved.” This title reflects a relationship: it is not the name of an individual, but the testimony of a personal bond with Christ. That is what really matters to John: being a disciple of the Lord and feeling loved by him. We understand, then, that Christian witness is the fruit of a relationship of faith and love with Jesus, in whom we find the salvation of our lives. What the Apostle John writes also refers to you, dear young people. You are invited by Christ to follow him and sit beside him, to listen to his heart and share closely in his life! Each one of you is a “beloved disciple” for him, and from this love comes the joy of witness.

Another courageous witness to the Gospel is the Precursor of Jesus, John the Baptist, who came “to bear witness to the light, that all might believe through him” (Jn 1:7). Although he enjoyed great fame among the people, he knew well that he was only a “voice” pointing to the Savior when he exclaimed, “Behold, the Lamb of God” (Jn 1:36). His example reminds us that true witnesses do not seek to occupy the center stage, nor to bind their followers to themselves. True witnesses are humble and inwardly free, above all from themselves, that is, from the pretense of being the center of attention. Therefore, they are free to listen, to understand, and also to speak the truth to everyone, even in the presence of those who are powerful. From John the Baptist, we learn that Christian witness is neither a proclamation of ourselves nor a celebration of our spiritual, intellectual or moral abilities. True witness is recognizing and pointing to Jesus when he appears, as he is the only one who saves us. John recognized him among sinners, immersed in common humanity. To that end, Pope Francis insisted so often that if we do not go beyond ourselves and our comfort zones, if we do not go to the poor and those who feel excluded from the Kingdom of God, we cannot encounter Christ and bear witness to him. We lose the sweet joy of being evangelized and of evangelizing.

Dear friends, I invite each of you to continue to individuate Jesus’ friends and witnesses in the Bible. As you read the Gospel, you will find that they all discovered the true meaning of life through their living relationship with Christ. Indeed, our deepest questions are not heard or answered by endlessly scrolling on our cell phones, which captures our attention but leaves us with tired minds and empty hearts. This search will not take us far if we keep it closed within ourselves or in narrow confinements. The fulfillment of our authentic desires always comes through going beyond ourselves.

Witnesses, therefore missionaries

In this way, dear young people, with the help of the Holy Spirit, you can become missionaries of Christ in the world. Many of your peers are exposed to violence, forced to use weapons, separated from their loved ones, and compelled to migrate or flee. Many lack education and other essential goods. All share with you the search for meaning and the insecurity that accompanies it, the discomfort of growing social and work pressures, the difficulty of dealing with family crises, the painful feeling of a lack of opportunities, as well as the remorse for mistakes they have made. You can stand alongside other young people, walk with them and show that God, in Jesus, has drawn close to each person. As Pope Francis often said, “Christ shows that God is closeness, compassion and tender love” (Encyclical Letter Dilexit nos, 35).

Granted, it is not always easy to bear witness. In the Gospels, we often find tension between acceptance and rejection of Jesus: “The light shines in the darkness, and the darkness has not overcome it” (Jn 1:5). Similarly, the disciple-witness experiences rejection firsthand and sometimes even violent opposition. The Lord does not hide this painful reality: “If they persecuted me, they will persecute you” (Jn 15:20). However, it becomes an opportunity to put into practice the greatest commandment: “Love your enemies and pray for those who persecute you” (Mt 5:44). That is what the martyrs have done since the beginning of the Church.

Dear young people, this is not a story that belongs only to the past. To this day, in many places around the world, Christians and people of good will suffer persecution, deceit and violence. Perhaps this painful experience has marked you as well, and you may have been tempted to react instinctively by putting yourselves on the same level as those who have rejected you, adopting aggressive attitudes. But let us recall the wise advice of Saint Paul: “Do not be overcome by evil, but overcome evil with good” (Rom 12:21).

So do not be discouraged: like the saints, you too are called to persevere with hope, especially in the face of difficulties and obstacles.

Fraternity as a bond of peace

From friendship with Christ, which is a gift of the Holy Spirit within us, there arises a way of life that bears the character of fraternity. Young people who have encountered Christ bring the “warmth” and “flavor” of fraternity wherever they go, and anyone who comes into contact with them is drawn into a new and profound dimension, made up of selfless closeness, sincere compassion and genuine tenderness. The Holy Spirit enables us to see our neighbor with new eyes: in the other person there is a brother, a sister!

The witness of fraternity and peace that friendship with Christ awakens in us casts off indifference and spiritual laziness, helping us to overcome closed-mindedness and suspicion. It also builds bonds between us, urging us to work together, from volunteerism to “political charity,” to build new living conditions for all. Do not follow those who use the words of faith to divide; instead, make plans to remove inequalities and reconcile divided and oppressed communities. To that end, dear friends, let us listen to the voice of God within us and overcome our selfishness, becoming active artisans of peace. That peace, which is a gift of the risen Lord (cf. Jn 20:19), will become visible in the world through the common witness of those who carry his Spirit in their hearts.

Dear young people, in the face of the world’s sufferings and hopes, let us fix our gaze on Jesus. As he was dying on the cross, he entrusted the Virgin Mary to John as his mother, and John to her as her son. That ultimate gift of love is for every disciple, for each of us. I invite you to welcome this holy bond with Mary, a mother full of affection and understanding, and to cultivate it in particular by praying the Rosary. That way, in every situation of our life, we will experience that we are never alone, for as children we are always loved, forgiven and encouraged by God. Bear witness to this joyfully!

From the Vatican, 7 October 2025, Memorial of the Blessed Virgin Mary of the Holy Rosary

LEO PP. XIV

[01277-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

»Auch ihr legt Zeugnis ab, weil ihr bei mir seid« (vgl. Joh 15,27)

Liebe Jugendliche!

Zu Beginn dieser meiner ersten Botschaft an euch möchte ich zunächst einmal Danke sagen! Danke für die Freude, die ihr verbreitet habt, als ihr zu eurer Heiligjahrfeier nach Rom gekommen seid, und danke auch an alle jungen Menschen aus aller Welt, die sich uns im Gebet angeschlossen haben. Es war ein kostbares Ereignis, um die Glaubensfreude zu erneuern und die Hoffnung weiterzugeben, die in unseren Herzen brennt! Sorgen wir also dafür, dass dieses Treffen im Heiligen Jahr kein isolierter Moment bleibt, sondern für jeden von euch einen Fortschritt im christlichen Leben und eine starke Ermutigung darstellt, weiterhin den Glauben zu bezeugen.

Genau diese Dynamik steht im Mittelpunkt des nächsten Weltjugendtags, den wir am Christkönigssonntag, dem 23. November, begehen werden und der unter dem Motto steht: »Auch ihr legt Zeugnis ab, weil ihr bei mir seid« (vgl. Joh 15,27). In der Kraft des Heiligen Geistes bereiten wir uns als Pilger der Hoffnung darauf vor, mutige Zeugen Christi zu werden. Machen wir uns also ab jetzt auf den Weg, der uns zum internationalen WJT in Seoul im Jahr 2027 führen wird. In diesem Sinne möchte ich mich auf zwei Aspekte des Zeugnisgebens konzentrieren: unsere Freundschaft mit Jesus, die wir von Gott als Geschenk annehmen, und das gesellschaftliche Engagement eines jeden von uns als Baumeister des Friedens.

Freunde, also Zeugen

Das christliche Zeugnis entspringt der Freundschaft mit dem Herrn, der zum Heil aller Menschen gekreuzigt wurde und auferstanden ist. Dieses Zeugnis ist nicht mit ideologischer Propaganda zu verwechseln, sondern ist ein echtes Prinzip der inneren Umgestaltung und der sozialen Sensibilisierung. Jesus wollte seine Jünger „Freunde“ nennen, sie, denen er das Reich Gottes verkündet und die er gebeten hat, bei ihm zu bleiben, damit sie eine Gemeinschaft bilden und er sie aussenden kann, um das Evangelium zu verkünden (vgl. Joh 15,15.27). Wenn Jesus also zu uns sagt: „Gebt Zeugnis“, dann versichert er uns damit, dass er uns als seine Freunde betrachtet. Er allein weiß wirklich, wer wir sind und warum wir hier sind: Er kennt die Herzen von euch Jugendlichen, eure Entrüstung angesichts von Diskriminierung und Ungerechtigkeit, eure Sehnsucht nach Wahrheit und Schönheit, nach Freude und Frieden; als euer Freund hört er euch zu, er motiviert und geleitet euch und ruft jeden einzelnen zu einem neuen Leben.

Jesu Blick, der uns immer und ausschließlich wohlwollend betrachtet, kommt uns zuvor (vgl. Mk 10,21). Er will uns weder als Knechte noch als „Aktivisten“ einer Partei: Er lädt uns ein, als Freunde bei ihm zu sein, damit unser Leben erneuert wird. Und aus der freudvollen Neuheit dieser Freundschaft erwächst spontan das Zeugnis. Es ist eine einzigartige Freundschaft, die uns Gemeinschaft mit Gott schenkt; eine treue Freundschaft, die uns unsere Würde und die der anderen entdecken lässt; eine ewige Freundschaft, die nicht einmal der Tod zerstören kann, weil sie in dem gekreuzigten und auferstandenen Herrn ihren Ursprung hat.

Denken wir an die Botschaft, die uns der Apostel Johannes am Ende des Vierten Evangeliums überliefert: »Dies ist der Jünger, der all das bezeugt und der es aufgeschrieben hat; und wir wissen, dass sein Zeugnis wahr ist« (Joh 21,24). Der gesamte vorausgehende Text wird von einem Jünger, der seinen Namen nicht nennt, sondern sich „der Jünger, den Jesus liebte“ nennt, voller Dankbarkeit und Staunen zusammenfassend als „Zeugnis“ bezeichnet. Diese Benennung spiegelt eine Beziehung wider: Es handelt sich nicht um den Namen einer Person, sondern um das Zeugnis einer persönlichen Verbundenheit mit Christus. Das ist es, was für Johannes wirklich zählt: ein Jünger des Herrn zu sein und sich als von ihm geliebt zu erfahren. Wir verstehen also, dass das christliche Zeugnis die Frucht einer Glaubens- und Liebesbeziehung zu Jesus ist, in dem wir das Heil unseres Lebens finden. Was der Apostel Johannes schreibt, gilt auch für euch, liebe Jugendliche. Ihr seid von Christus eingeladen, ihm zu folgen und euch neben ihn zu setzen, um sein Herz zu hören und nah an seinem Leben teilzunehmen! Jeder ist für Ihn ein „geliebter Jünger“, und aus dieser Liebe erwächst die Freude des Zeugnisgebens.

Ein weiterer mutiger Zeuge des Evangeliums ist der Vorläufer Jesu, Johannes der Täufer, der Zeugnis ablegte »für das Licht, damit alle durch ihn zum Glauben kommen« (Joh 1,7). Obwohl er im Volk großen Ruhm genoss, war er sich wohl bewusst, dass er nur eine „Stimme“ war, die auf den Erlöser verwies: »Seht, das Lamm Gottes« (Joh 1,36). Sein Beispiel erinnert uns daran, dass der wahre Zeuge nicht danach strebt, die Szene zu beherrschen, und dass er keine Anhänger sucht, die er an sich bindet. Der wahre Zeuge ist demütig und innerlich frei, vor allem von sich selbst, d.h. von dem Anspruch, im Mittelpunkt der Aufmerksamkeit zu stehen. Deshalb ist er frei, zuzuhören und die Wahrheit allen gegenüber auszulegen und auszusprechen, auch vor den Mächtigen. Von Johannes dem Täufer lernen wir, dass das christliche Zeugnis nicht Verkündigung unser selbst ist und dass es nicht um unsere geistigen, intellektuellen oder moralischen Fähigkeiten geht. Wahres Zeugnis besteht darin, auf Jesus, den einzigen Erlöser, hinzuweisen und ihn zu erkennen, wenn er in Erscheinung tritt. Johannes erkannte ihn unter den Sündern, inmitten der gewöhnlichen Menschen. Deshalb hat Papst Franziskus immer wieder betont: Wenn wir nicht aus uns selbst und aus unserer Komfortzone herausgehen, wenn wir uns nicht zu den Armen und zu denen begeben, die sich vom Reich Gottes ausgeschlossen fühlen, begegnen und bezeugen wir Christus nicht. Dann verlieren wir die wunderbare Freude, die einem beim Hören oder Verkünden der Frohen Botschaft erfüllt.

Liebe Freunde, ich lade euch alle ein, in der Bibel weiter nach den Freunden und Zeugen Jesu zu suchen. Beim Lesen der Evangelien werdet ihr feststellen, dass alle von ihnen in der lebendigen Beziehung zu Christus den wahren Sinn des Lebens gefunden haben. Tatsächlich finden unsere tiefsten Fragen weder Gehör noch Antwort im endlosen Scrollen auf dem Smartphone, das unsere Aufmerksamkeit fesselt, unseren Verstand ermüdet und unser Herz leer zurücklässt. Diese Fragen bringen uns nicht sehr weit, wenn wir sie in uns selbst oder in einem zu engen Kreis gefangen halten. Die Verwirklichung unserer wahren Sehnsüchte kommt immer dadurch zustande, dass wir aus uns selbst heraustreten.

Zeugen, also Missionare

Auf diese Weise könnt ihr Jugendlichen mit Hilfe des Heiligen Geistes zu Missionaren Christi in der Welt werden. Viele eurer Altersgenossen sind der Gewalt ausgesetzt, werden gezwungen, Waffen zu benutzen, von ihren Lieben getrennt zu leben, zu migrieren und zu fliehen. Vielen fehlt es an Bildung und anderen wesentlichen Dingen. Sie alle teilen mit euch die Suche nach Sinn und die damit einhergehende Unsicherheit, die Belastung durch zunehmenden sozialen oder beruflichen Druck, die Schwierigkeit, familiäre Krisen zu bewältigen, das schmerzliche Gefühl der Chancenlosigkeit und die Reue über begangene Fehler. Ihr selbst könnt anderen jungen Menschen zur Seite stehen, sie begleiten und zeigen, dass Gott in Jesus jedem Menschen nahegekommen ist. Wie Papst Franziskus zu sagen pflegte: »Christus zeigt, dass Gott Nähe, Mitgefühl und Zärtlichkeit ist« (Enzyklika Dilexit nos, 35).

Es ist wahr: Zeugnis abzulegen ist nicht immer einfach. In den Evangelien finden wir oft die Spannung zwischen Annahme und Ablehnung Jesu: »Und das Licht leuchtet in der Finsternis und die Finsternis hat es nicht erfasst« (Joh 1,5). Auf ähnliche Weise erfährt auch der Jünger bzw. Zeuge selbst Ablehnung und manchmal sogar heftigen Widerstand. Der Herr verschweigt diese schmerzliche Tatsache nicht: »Wenn sie mich verfolgt haben, werden sie auch euch verfolgen« (Joh 15,20). Doch gerade das wird zum Anlass, das oberste Gebot in die Tat umzusetzen: »Liebt eure Feinde und betet für die, die euch verfolgen« (Mt 5,44). Das ist es, was die Märtyrerinnen und Märtyrer seit den Anfängen der Kirche getan haben.

Liebe Jugendliche, das ist keine Geschichte, die nur der Vergangenheit angehört. Auch heute leiden Christen und Menschen guten Willens an vielen Orten der Welt unter Verfolgung, Lügen und Gewalt. Vielleicht seid auch ihr von dieser schmerzhaften Erfahrung betroffen gewesen und vielleicht wart ihr versucht, instinktiv zu reagieren und euch auf die gleiche Stufe mit denen zu stellen, die euch abgelehnt haben, indem ihr eine aggressive Haltung eingenommen habt. Erinnern wir uns jedoch an den weisen Rat des heiligen Paulus: »Lass dich nicht vom Bösen besiegen, sondern besiege das Böse durch das Gute« (Röm 12,21).

Lasst euch also nicht entmutigen: Wie die Heiligen seid auch ihr dazu berufen, in der Hoffnung standhaft zu bleiben, besonders wenn ihr mit Schwierigkeiten und Hindernissen zu kämpfen habt.

Geschwisterlichkeit als Band des Friedens

Aus der Freundschaft mit Christus, die ein Geschenk des Heiligen Geistes in uns ist, ergibt sich eine Lebensweise, die den Charakter der Geschwisterlichkeit in sich trägt. Ein junger Mensch, der Christus begegnet ist, bringt die „Wärme“ und den „Geschmack“ der Geschwisterlichkeit überall hin, und jeder, der mit ihm oder ihr in Kontakt kommt, fühlt die Anziehungskraft einer neuen und tiefen Dimension selbstloser Nähe, aufrichtigen Mitgefühls und treuer Güte. Der Heilige Geist lässt uns unsere Nächsten mit neuen Augen sehen: In dem anderen steckt ein Bruder, eine Schwester!

Das Zeugnis der Geschwisterlichkeit und des Friedens, das die Freundschaft mit Christus in uns weckt, befreit uns aus der Gleichgültigkeit und geistigen Trägheit und lässt uns Verschlossenheit und Misstrauen überwinden. Es verbindet uns auch miteinander und spornt uns an, uns gemeinsam zu engagieren, von der ehrenamtlichen Arbeit bis zur politisch aktiven Nächstenliebe, mit dem Ziel, neue Lebensbedingungen für alle zu schaffen. Folgt nicht denen, die die Worte des Glaubens benutzen, um zu spalten: Tut euch stattdessen zusammen, um Ungleichheiten zu beseitigen und polarisierte und unterdrückte Gemeinschaften zu versöhnen. Meine lieben Freunde, lasst uns deshalb auf die Stimme Gottes in uns hören, unseren Egoismus überwinden und zu engagierten Friedensstiftern werden. Dann wird dieser Friede, der ein Geschenk des auferstandenen Herrn ist (vgl. Joh 20,19), durch das gemeinsame Zeugnis derer, die seinen Geist in ihren Herzen tragen, in der Welt sichtbar werden.

Liebe Jugendliche, angesichts der Leiden und der Hoffnungen der Welt, lasst uns unseren Blick auf Jesus richten. Kurz vor seinem Tod am Kreuz vertraute er Johannes die Jungfrau Maria als Mutter an und ihn ihr als Sohn. Dieses letzte Geschenk der Liebe ist für alle Jünger, für uns alle gedacht. Deshalb lade ich euch ein, diese heilige Verbundenheit mit Maria, unserer liebenden und verständnisvollen Mutter, zu suchen und sie vor allem durch das Rosenkranzgebet zu pflegen. Auf diese Weise werden wir in allen Lebenslagen erfahren, dass wir nie allein sind, sondern stets von Gott geliebte Kinder, denen er vergibt und die er ermutigt. Bezeugt dies mit Freude!

Aus dem Vatikan, am 7. Oktober 2025, dem Gedenktag Unserer Lieben Frau vom Rosenkranz.

LEO PP. XIV

[01277-DE.01] [Original sprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

«Ustedes también dan testimonio, porque están conmigo» (Jn 15,27)

Queridos jóvenes:

Al comienzo de este primer mensaje que les envío, deseo ante todo decirles gracias. Gracias por la alegría que nos han transmitido al venir a Roma para su Jubileo, y gracias también a todos los jóvenes que se han unido a nosotros en la oración desde distintas partes del mundo. Ha sido un acontecimiento precioso para renovar el entusiasmo de la fe y compartir la esperanza que arde en nuestros corazones. Por eso, hagamos que el encuentro jubilar no sea un momento aislado, sino que marque, para cada uno de ustedes, un paso adelante en la vida cristiana y un fuerte estímulo para perseverar en el testimonio de la fe.

Precisamente esta dinámica está en el centro de la próxima Jornada Mundial de la Juventud, que celebraremos el domingo de Cristo Rey, el 23 de noviembre, y que tendrá como tema «Ustedes también dan testimonio, porque están conmigo» (Jn 15,27). Con la fuerza del Espíritu Santo, como peregrinos de esperanza, nos preparamos para convertirnos en valientes testigos de Cristo. Comencemos, pues, desde ahora, un camino que nos llevará hasta la edición internacional de la JMJ en Seúl, en 2027. En esta perspectiva, me gustaría detenerme en dos aspectos del testimonio: nuestra amistad con Jesús, que recibimos de Dios como un don; y el compromiso de cada uno en la sociedad, como constructores de paz.

Amigos, por lo tanto, testigos

El testimonio cristiano nace de la amistad con el Señor, crucificado y resucitado para la salvación de todos. Esta no debe confundirse con una propaganda ideológica, sino que es un verdadero principio de transformación interior y de sensibilización social. Jesús quiso llamar “amigos” a los discípulos, a quienes dio a conocer el Reino de Dios y les pidió que permanecieran con Él para formar su comunidad y enviarlos a proclamar el Evangelio (cf. Jn 15,15.27). Por eso, cuando Jesús nos dice: “Den testimonio”, nos está asegurando que nos considera sus amigos. Sólo Él conoce plenamente quiénes somos y por qué estamos aquí: conoce el corazón de cada uno de ustedes jóvenes, su indignación ante la discriminación y la injusticia, su deseo de verdad y belleza, de alegría y paz; con su amistad los escucha, los motiva y los guía, llamando a cada uno a una vida nueva.

La mirada de Jesús, que quiere siempre y solamente nuestro bien, nos precede (cf. Mc 10,21). No nos quiere como siervos, ni como “activistas” de un partido; nos llama a estar con Él como amigos, para que nuestra vida sea renovada. Y el testimonio surge espontáneamente de la alegre novedad de esta amistad. Es una amistad única, que nos da la comunión con Dios; una amistad fiel, que nos hace descubrir nuestra dignidad y la de los demás; una amistad eterna, que ni siquiera la muerte puede destruir, porque tiene su principio en el Crucificado resucitado.

Pensemos en el mensaje que nos deja el apóstol Juan al final del cuarto Evangelio: «Este mismo discípulo es el que da testimonio de estas cosas y el que las ha escrito, y sabemos que su testimonio es verdadero» (Jn 21,24). Todo el relato anterior se resume como un “testimonio”, lleno de gratitud y asombro, por parte de un discípulo que nunca dice su propio nombre, sino que se define como “el discípulo al que Jesús amaba”. Este apelativo es el reflejo de una relación: no es el nombre de un individuo, sino el testimonio de un vínculo personal con Cristo. Esto es lo que realmente importa para Juan: ser discípulo del Señor y sentirse amado por Él. Comprendemos entonces que el testimonio cristiano es fruto de la relación de fe y amor con Jesús, en quien encontramos la salvación de nuestra vida. Lo que escribe el apóstol Juan también vale para ustedes, queridos jóvenes. Cristo los invita a seguirlo y a sentarse a su lado, para escuchar su corazón y compartir de cerca su vida. Cada uno de ustedes es para Él un “discípulo amado”, y de este amor nace la alegría del testimonio.

Otro valiente testigo del Evangelio es el precursor de Jesús, Juan el Bautista, que dio «testimonio de la luz, para que todos creyeran por medio de él» (Jn 1,7). Aunque gozaba de gran fama entre el pueblo, sabía bien que era sólo una “voz” que señalaba al Salvador: «Este es el Cordero de Dios» (Jn 1,36). Su ejemplo nos recuerda que el verdadero testigo no tiene como objetivo ocupar el centro del escenario, no busca seguidores que se unan a él. El verdadero testigo es humilde e interiormente libre, ante todo de sí mismo, es decir, de la pretensión de ser el centro de atención. Por eso es libre para escuchar, para interpretar y también para decir la verdad a todos, incluso ante los poderosos. De Juan el Bautista aprendemos que el testimonio cristiano no es un anuncio de nosotros mismos y no celebra nuestras capacidades espirituales, intelectuales o morales. El verdadero testimonio es reconocer y mostrar a Jesús, el único que nos salva, cuando Él se manifiesta. Juan lo reconoció entre los pecadores, inmerso en la humanidad común. Por eso el Papa Francisco insistió tanto en esto: si no salimos de nosotros mismos y de nuestras zonas de confort, si no salimos al encuentro de los pobres y de aquellos que se sienten excluidos del Reino de Dios, no nos encontramos con Cristo ni damos testimonio de Él; perdemos la dulce alegría de ser evangelizados y de evangelizar.

Queridos hermanos, invito a cada uno de ustedes a seguir buscando a los amigos y testigos de Jesús en la Biblia. Al leer los Evangelios, se darán cuenta de que todos ellos encontraron en la relación viva con Cristo el verdadero sentido de la vida. De hecho, nuestras preguntas más profundas no son escuchadas ni encuentran respuesta en el desplazamiento infinito de la pantalla del móvil, que capta la atención dejando la mente fatigada y el corazón vacío. No nos llevan lejos si las mantenemos encerradas en nosotros mismos o en círculos demasiado reducidos. La realización de nuestros deseos auténticos pasa siempre por salir de nosotros mismos.

Testigos, por lo tanto, misioneros

De esta manera, ustedes, jóvenes, con la ayuda del Espíritu Santo, pueden convertirse en misioneros de Cristo en el mundo. Muchos de sus compañeros están expuestos a la violencia, obligados a usar las armas, forzados a separarse de sus seres queridos, a migrar y a huir. Muchos carecen de educación y de otros bienes esenciales. Todos comparten con ustedes la búsqueda de sentido y la inseguridad que la acompaña, el malestar por las crecientes presiones sociales o laborales, la dificultad de afrontar las crisis familiares, la dolorosa sensación de falta de oportunidades, el remordimiento por los errores cometidos. Ustedes mismos pueden ponerse al lado de otros jóvenes, caminar con ellos y mostrarles que Dios, en Jesús, se ha hecho cercano a cada persona. Como solía decir el Papa Francisco: «Cristo muestra que Dios es proximidad, compasión y ternura» (Carta enc. Dilexit nos, 35).

Es cierto, no siempre es fácil dar testimonio. En los Evangelios encontramos a menudo la tensión entre la acogida y el rechazo de Jesús, «la luz brilla en las tinieblas, y las tinieblas no la percibieron» (Jn 1,5). De manera similar, el discípulo-testigo experimenta en primera persona el rechazo y, a veces, incluso la oposición violenta. El Señor no oculta esta dolorosa realidad, «si me persiguieron a mí, también los perseguirán a ustedes» (Jn 15,20). Sin embargo, precisamente esto se convierte en la ocasión para poner en práctica el mandamiento más alto, «amen a sus enemigos, rueguen por sus perseguidores» (Mt 5,44). Esto es lo que han hecho los mártires desde los inicios de la Iglesia.

Queridos jóvenes, esta no es una historia que pertenece sólo al pasado. Todavía hoy, en muchos lugares del mundo, los cristianos y las personas de buena voluntad sufren a causa de la persecución, las mentiras y la violencia. Quizás también ustedes han sido tocados por esta dolorosa experiencia y quizás han sido tentados de reaccionar instintivamente poniéndose al nivel de quienes los han rechazado, adoptando actitudes agresivas. Recordemos, sin embargo, el sabio consejo de san Pablo: «No te dejes vencer por el mal. Por el contrario, vence al mal, haciendo el bien» (Rm 12,21).

Por tanto, no se desanimen, como los santos, también ustedes están llamados a perseverar con esperanza, sobre todo ante las dificultades y los obstáculos.

La fraternidad como vínculo de paz

De la amistad con Cristo, que es don del Espíritu Santo en nosotros, nace una forma de vivir que lleva consigo el carácter de la fraternidad. Un joven que ha encontrado a Cristo lleva consigo a todas partes el “calor” y el “sabor” de la fraternidad, y cualquiera que entre en contacto con él o con ella se siente atraído por una dimensión nueva y profunda, hecha de cercanía desinteresada, de compasión sincera y de ternura fiel. El Espíritu Santo nos hace ver al prójimo con ojos nuevos, ¡en el otro hay un hermano, una hermana!

El testimonio de fraternidad y paz que la amistad con Cristo suscita en nosotros nos libera de la indiferencia y la pereza espiritual, haciéndonos superar el aislamiento y la desconfianza. Además, nos une los unos a los otros, impulsándonos a comprometernos, desde el voluntariado hasta la caridad política, para construir nuevas condiciones de vida para todos. No sigan a quienes utilizan las palabras de la fe para dividir; organícense, en cambio, para eliminar las desigualdades y reconciliar a las comunidades polarizadas y oprimidas. Por eso, queridos amigos, escuchemos la voz de Dios en nosotros y venzamos nuestro egoísmo, convirtiéndonos en laboriosos artífices de paz. Entonces esa paz, que es don del Señor Resucitado (cf. Jn 20,19), se hará visible en el mundo a través del testimonio común de quienes llevan su Espíritu en el corazón.

Queridos jóvenes, ante los sufrimientos y las esperanzas del mundo, fijemos nuestra mirada en Jesús. Mientras agonizaba en la cruz, Él confió la Virgen María como madre a Juan, y a ella Juan como hijo. Ese último don de amor es para todo discípulo, para todos nosotros. Los invito, por tanto, a acoger este santo vínculo con María, Madre llena de afecto y comprensión, cultivándolo especialmente con la oración del rosario. Así, en cada situación de la vida, experimentaremos que nunca estamos solos, sino que siempre somos hijos amados, perdonados y animados por Dios. De todo esto, ¡den testimonio con alegría!

Vaticano, 7 de octubre de 2025, Memoria de la Bienaventurada Virgen María del Rosario.

LEÓN PP. XIV

[01277-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

«Vós também haveis de dar testemunho, porque estais comigo» (Jo 15, 27)

Queridos jovens,

Ao iniciar esta primeira mensagem que vos dirijo, desejo em primeiro lugar dizer-vos obrigado! Obrigado pela alegria que transmitistes quando viestes a Roma para o vosso Jubileu e obrigado também a todos os jovens que, em oração, se uniram a nós a partir de todas as partes do mundo. Foi um evento precioso para renovar o entusiasmo da fé e partilhar a esperança que arde nos nossos corações! Por isso, façamos com que o encontro jubilar não seja um momento isolado, mas assinale, em cada um de vós, um passo em frente na vida cristã e um forte encorajamento a perseverar no testemunho da fé.

É precisamente esta dinâmica que está no centro da próxima Jornada Mundial da Juventude, que celebraremos a 23 de novembro, Domingo de Cristo Rei, e que terá como tema «Vós também haveis de dar testemunho, porque estais comigo» (Jo 15, 27). Com a força do Espírito Santo, como peregrinos de esperança, preparemo-nos para ser testemunhas corajosas de Cristo. Comecemos, portanto, a partir de agora, um caminho que nos guiará até à edição internacional da JMJ do ano 2027, em Seul. Nesta perspectiva, gostaria de me deter em dois aspectos do testemunho: a nossa amizade com Jesus, que recebemos de Deus como dom; e o empenho de cada um na sociedade, como construtores da paz.

Amigos, portanto testemunhas

O testemunho cristão nasce da amizade com o Senhor, crucificado e ressuscitado para a salvação de todos. Não se confunde com uma propaganda ideológica, mas é um verdadeiro princípio de transformação interior e de sensibilização social. Jesus quis chamar “amigos” aos discípulos a quem deu a conhecer o Reino de Deus e a quem pediu que ficassem com Ele, para formar a sua comunidade e para os enviar a proclamar o Evangelho (cf. Jo 15, 15.27). Quando Jesus nos diz «Dai testemunho», está a assegurar-nos que nos considera seus amigos. Só Ele conhece plenamente quem somos e por que estamos aqui: conhece o coração de cada um de vós, jovens, a vossa indignação diante de discriminações e injustiças, o vosso desejo de verdade e beleza, de alegria e paz; com a sua amizade, Ele escuta-vos, motiva-vos e guia-vos, chamando cada um de vós a uma vida nova.

O olhar de Jesus, que quer sempre e somente o nosso bem, precede-nos (cf. Mc 10, 21). Ele não nos quer como servos, nem como “militantes” de um partido: chama-nos a estar com Ele como amigos, para que a nossa vida seja renovada. E o testemunho deriva espontaneamente da alegre novidade desta amizade. É uma amizade única, que nos dá a comunhão com Deus; uma amizade fiel, que nos faz descobrir a nossa própria dignidade e a dos outros; uma amizade eterna, que nem mesmo a morte pode destruir, porque tem a sua origem no Crucificado ressuscitado.

Pensemos na mensagem que o apóstolo João nos deixa no final do quarto Evangelho: «Este é o discípulo que dá testemunho destas coisas e que as escreveu. E nós sabemos bem que o seu testemunho é verdadeiro» (Jo 21, 24). Todo o relato anterior é resumido como um “testemunho”, cheio de gratidão e admiração, por parte de um discípulo que nunca diz o seu nome, mas que se define como “o discípulo que Jesus amava”. Este título é o reflexo de uma relação: não é o nome de um indivíduo, mas o testemunho de uma ligação pessoal com Cristo. Eis o que verdadeiramente importa para João: ser discípulo do Senhor e sentir-se amado por Ele. Compreendemos, então, que o testemunho cristão é fruto da relação de fé e amor com Jesus, em quem encontramos a salvação da nossa vida. O que escreve o apóstolo João vale também para vós, caríssimos jovens. Sois convidados por Cristo a segui-Lo e a sentardes-vos ao Seu lado, para escutar o seu coração e partilhar de perto a sua vida! Cada um de vós é para Ele um “discípulo amado”, e deste amor nasce a alegria do testemunho.

Outra corajosa testemunha do Evangelho é o Precursor de Jesus, João Batista, que veio «para dar testemunho da Luz e todos crerem por meio dele» (Jo 1, 7). Apesar de gozar de grande fama entre o povo, sabia bem que era apenas uma “voz” que indicava o Salvador: «Eis o Cordeiro de Deus» (Jo 1, 36). O seu exemplo recorda-nos que a verdadeira testemunha não tem como objetivo ocupar o palco, nem procura seguidores para vincular a si mesmo. A verdadeira testemunha é humilde e interiormente livre, em primeiro lugar em relação a si mesmo, ou seja, da pretensão de estar no centro das atenções. Por isso, é livre para escutar, interpretar e também dizer a verdade diante de todos, mesmo dos poderosos. De João Batista aprendemos que o testemunho cristão não é o anúncio de nós mesmos e não celebra as nossas capacidades espirituais, intelectuais ou morais. O verdadeiro testemunho é reconhecer e mostrar Jesus – o único que nos salva – quando aparece. João reconheceu-O entre os pecadores, imerso na humanidade comum. Por isso o Papa Francisco insistiu tanto: se não sairmos de nós mesmos e das nossas zonas de conforto, se não formos ao encontro dos pobres e daqueles que se sentem excluídos do Reino de Deus, não encontramos nem damos testemunho Cristo. Perdemos a doce alegria de ser evangelizados e de evangelizar.

Caríssimos, convido cada um de vós a continuar, na Bíblia, esta busca de amigos e testemunhas de Jesus. Ao ler os Evangelhos, dar-vos-eis conta de que todos encontraram na relação intensa com Cristo o verdadeiro sentido da vida. Com efeito, as nossas perguntas mais profundas não encontram acolhimento nem respostas na rolagem infinita das telas que nos prendem a atenção, deixando a mente cansada e o coração vazio. Tais perguntas tão-pouco nos levam longe se as mantivermos fechadas em nós mesmos ou em círculos muito restritos. A realização dos nossos desejos autênticos passa sempre por sair de nós mesmos.

Testemunhas, portanto missionários

Desta forma, vós, jovens, com a ajuda do Espírito Santo, podeis tornar-vos missionários de Cristo no mundo. Muitos dos vossos coetâneos estão expostos à violência, obrigados a pegar em armas, forçados a separar-se dos seus entes queridos, a migrar e a fugir. A muitos falta-lhes a educação e outros bens essenciais. Porém, todos partilham convosco a busca de sentido e a insegurança que a acompanha, o desconforto pelas crescentes pressões sociais ou laborais, a dificuldade de enfrentar as crises familiares, a dolorosa sensação da falta de oportunidades, o remorso pelos erros cometidos. Vós mesmos podeis colocar-vos ao lado de outros jovens, caminhar com eles e mostrar que Deus, em Jesus, se aproximou de cada pessoa. Como o Papa Francisco gostava de dizer: «Cristo mostra que Deus é proximidade, compaixão e ternura» (Carta enc. Dilexit nos, 35).

É verdade que nem sempre é fácil dar testemunho. Nos Evangelhos, encontramos frequentemente a tensão entre o acolhimento e a rejeição de Jesus: «A Luz brilhou nas trevas, mas as trevas não a receberam» (Jo 1, 5). Do mesmo modo, o discípulo-testemunha experimenta em primeira pessoa a rejeição e, por vezes, até a oposição violenta. O Senhor não esconde esta dolorosa realidade: «Se me perseguiram a mim, também vos hão de perseguir a vós» (Jo 15, 20). No entanto, ela torna-se precisamente uma ocasião para pôr em prática o mandamento mais elevado: «Amai os vossos inimigos e orai pelos que vos perseguem» (Mt 5, 44). Foi o que fizeram os mártires desde o início da Igreja.

Queridos jovens, esta não é uma história que pertence apenas ao passado. Ainda hoje, em tantos lugares do mundo, os cristãos e as pessoas de boa vontade sofrem perseguição, mentiras e violência. Talvez também vós fostes tocados por esta dolorosa experiência e tentados a reagir instintivamente, colocando-vos ao nível de quem vos rejeitou e tomando atitudes agressivas. Lembremo-nos, porém, do sábio conselho de São Paulo: «Não te deixes vencer pelo mal, mas vence o mal com o bem» (Rm 12, 21).

Portanto, não vos deixeis desanimar: como os santos, também vós sois chamados a perseverar com esperança, sobretudo diante das dificuldades e dos obstáculos.

A fraternidade como vínculo de paz

Da amizade com Cristo, que é dom do Espírito Santo em nós, nasce um modo de viver que traz consigo o caráter da fraternidade. Um jovem que encontrou Cristo leva para todo o lado o “calor” e o “sabor” da fraternidade, e quem entra em contacto com ele ou com ela é atraído para uma dimensão nova e profunda, feita de proximidade desinteressada, de compaixão sincera e de ternura fiel. O Espírito Santo faz-nos ver o próximo com olhos novos: no outro está um irmão, uma irmã!

O testemunho de fraternidade e paz, que a amizade com Cristo suscita em nós, tira-nos da indiferença e da preguiça espiritual, fazendo-nos ultrapassar o fechamento e a suspeita. Além disso, une-nos uns aos outros, impelindo-nos a um empenho conjunto, desde o voluntariado à caridade política, para construir novas condições de vida para todos. Não sigais aqueles que usam as palavras da fé para dividir! Em vez disso, organizai-vos para eliminar as desigualdades e reconciliar comunidades polarizadas e oprimidas. Portanto, queridos amigos, escutemos a voz de Deus em nós e vençamos o nosso egoísmo, tornando-nos operosos artesãos da paz. Então, essa paz, que é dom do Senhor Ressuscitado (cf. Jo 20, 19), tornar-se-á visível no mundo através do testemunho comum de quem leva no coração o seu Espírito.

Queridos jovens, diante dos sofrimentos e das esperanças do mundo, fixemos o nosso olhar em Jesus. Quando estava prestes a morrer na cruz, Ele entregou a Virgem Maria como mãe a João, e este como filho a Maria. Este dom extremo de amor é para cada discípulo, para todos nós. Convido-vos, pois, a acolher este santo vínculo com Maria, Mãe cheia de afeto e compreensão, cultivando-o em particular com a oração do Rosário. Assim, em todas as situações da vida, experimentaremos que nunca estamos sozinhos, mas somos sempre filhos amados, perdoados e encorajados por Deus. Dai testemunho de tudo isto com alegria!

Vaticano, na Memória da Virgem Santa Maria do Rosário, 7 de outubro de 2025.

LEÃO PP. XIV

[01277-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

 

„Wy też świadczycie, bo jesteście ze Mną” (J 15, 27)

Drodzy młodzi!

Na początku mojego pierwszego skierowanego do was orędzia pragnę wam przede wszystkim podziękować! Dziękuję za radość, jaką nam przekazaliście, przybywając do Rzymu na wasz Jubileusz, a także dziękuję wszystkim ludziom młodym, którzy łączyli się z nami w modlitwie z każdego zakątka świata. Było to cenne wydarzenie, które odnowiło entuzjazm wiary i dzielenie się nadzieją, płonącą w naszych sercach! Postarajmy się więc, aby spotkanie jubileuszowe nie pozostało wydarzeniem odosobnionym, ale stało się dla każdego z was krokiem naprzód w życiu chrześcijańskim i silną motywacją do wytrwania w dawaniu świadectwa wiary.

Właśnie ta dynamika znajduje się w centrum najbliższego Światowego Dnia Młodzieży, który będziemy obchodzili w niedzielę Chrystusa Króla, 23 listopada, a który będzie miał za temat [słowa]: „Wy też świadczycie, bo jesteście ze Mną” (J 15, 27). Mocą Ducha Świętego, jako pielgrzymi nadziei, przygotowujemy się, aby stać się odważnymi świadkami Chrystusa. Rozpocznijmy zatem już teraz drogę, która poprowadzi nas do międzynarodowej edycji Światowych Dni Młodzieży w Seulu w 2027 r. W tej perspektywie chciałbym zatrzymać się na dwóch aspektach świadectwa: naszej przyjaźni z Jezusem, którą przyjmujemy od Boga jako dar, oraz na zaangażowaniu każdego z nas w społeczeństwie – jako budowniczych pokoju.

Przyjaciele, a zatem świadkowie

Świadectwo chrześcijańskie rodzi się z przyjaźni z Panem, ukrzyżowanym i zmartwychwstałym dla zbawienia wszystkich. Nie należy go mylić z propagandą ideologiczną, lecz jest ono prawdziwym źródłem przemiany wewnętrznej i społecznej wrażliwości. Jezus zechciał nazwać „przyjaciółmi” uczniów, którym dał poznać królestwo Boże i poprosił, żeby z Nim pozostali, aby tworzyli Jego wspólnotę i aby posłać ich do głoszenia Ewangelii (por. J 15, 15.27). Kiedy więc Jezus mówi do nas: „Dawajcie świadectwo”, zapewnia nas, że traktuje nas jako swoich przyjaciół. Tylko On w pełni wie, kim jesteśmy i dlaczego tu jesteśmy: zna serca was, młodych, wasze poruszenie wobec dyskryminacji i niesprawiedliwości, wasze pragnienie prawdy i piękna, radości i pokoju; ze swoją przyjaźnią słucha was, motywuje i prowadzi, wzywając każdego do nowego życia.

Spojrzenie Jezusa, który zawsze i wyłącznie pragnie naszego dobra, wyprzedza nas (por. Mk 10, 21). Nie chce, abyśmy byli sługami czy „aktywistami” jakiejś partii: wzywa nas, abyśmy byli z Nim jako przyjaciele, aby nasze życie zostało odnowione. A świadectwo wypływa spontanicznie z radosnej nowości tej przyjaźni. Jest to przyjaźń wyjątkowa, która daje nam wspólnotę z Bogiem; przyjaźń wierna, która pozwala nam odkryć godność naszą i innych; przyjaźń wieczna, której nawet śmierć nie może zniszczyć, ponieważ ma swoje źródło w Ukrzyżowanym i Zmartwychwstałym.

Pomyślmy o przesłaniu, które Apostoł Jan pozostawia nam na końcu czwartej Ewangelii: „Ten właśnie uczeń daje świadectwo o tych sprawach, i on je opisał. A wiemy, że świadectwo jego jest prawdziwe” (J 21, 24). Cała wcześniejsza opowieść zostaje podsumowana jako „świadectwo”, pełne wdzięczności i zadziwienia ze strony ucznia, który nigdy nie podaje swojego imienia, ale nazywa siebie „uczniem, którego Jezus miłował”. To określenie odzwierciedla relację: nie jest imieniem jednostki, lecz świadectwem osobistej więzi z Chrystusem. Oto, co naprawdę liczy się dla Jana: być uczniem Pana i czuć się przez Niego miłowanym. Rozumiemy zatem, że świadectwo chrześcijańskie jest owocem relacji wiary i miłości z Jezusem, w którym znajdujemy zbawienie naszego życia. To, co pisze Apostoł Jan, odnosi się również do was, najdrożsi młodzi. Chrystus zaprasza was, abyście za Nim poszli i zasiedli obok Niego, żeby słuchać Jego serca i z zażyłością dzielić z bliska Jego życie! Każdy z was jest dla Niego „umiłowanym uczniem”, a z tej miłości rodzi się radość świadectwa.

Innym odważnym świadkiem Ewangelii jest Poprzednik Jezusa – Jan Chrzciciel, który „Przyszedł na świadectwo... by wszyscy uwierzyli przez niego” (J 1, 7). Chociaż cieszył się wielką sławą wśród ludu, dobrze wiedział, że jest tylko „głosem”, który wskazuje Zbawiciela: „Oto Baranek Boży” (J 1, 36). Jego przykład przypomina nam, że prawdziwy świadek nie ma na celu zajmować pierwszego planu, nie szuka zwolenników przywiązanych do siebie. Prawdziwy świadek jest pokorny i wewnętrznie wolny, przede wszystkim od samego siebie, to znaczy od domagania się, żeby być w centrum uwagi. Dlatego jest wolny, aby słuchać, rozeznawać, a także mówić prawdę wszystkim, nawet wobec możnych. Od Jana Chrzciciela uczymy się, że świadectwo chrześcijańskie nie jest głoszeniem samych siebie ani celebracją naszych duchowych, czy moralnych zdolności. Prawdziwe świadectwo to rozpoznawać i ukazywać Jezusa, jedynego, który nas zbawia, gdy się objawia. Jan rozpoznał Go pośród grzeszników, zanurzonego we wspólnej ludzkiej egzystencji. Dlatego papież Franciszek tak bardzo nalegał: jeśli nie wyjdziemy od swoich spraw i ze swojej strefy komfortu, jeśli nie wyjdziemy ku ubogim i ku tym, którzy czują się wykluczeni z królestwa Bożego, nie spotkamy Chrystusa i nie będziemy dawali o Nim świadectwa. Tracimy słodką radość bycia ewangelizowanymi i ewangelizowania.

Najmilsi, zapraszam każdego z was, abyście kontynuowali poszukiwanie w Biblii przyjaciół i świadków Jezusa. Czytając Ewangelie, zauważycie, że wszyscy oni odnaleźli prawdziwy sens życia w żywej relacji z Chrystusem. W istocie nasze najgłębsze pytania nie znajdują ani wysłuchania, ani odpowiedzi w niekończącym się scrollingu – przewijaniu ekranu telefonu komórkowego, które przykuwa uwagę, pozostawiając umysł znużonym, a serce pustym. Pytania nie zaprowadzą nas daleko, jeśli zatrzymamy je w sobie lub w zbyt wąskich kręgach. Realizacja naszych autentycznych pragnień zawsze wymaga wyjścia poza siebie.

Świadkowie, a zatem misjonarze

W ten sposób wy, młodzi, z pomocą Ducha Świętego, możecie stać się misjonarzami Chrystusa w świecie. Wielu waszych rówieśników jest narażonych na przemoc, zmuszonych do używania broni, do rozłąki z bliskimi, do migracji i ucieczki. Wielu z nich nie ma dostępu do edukacji i innych dóbr podstawowych. Wszyscy oni dzielą z wami poszukiwanie sensu i towarzyszącą mu niepewność, uciążliwość związaną z rosnącą presją społeczną lub zawodową, trudności w radzeniu sobie z kryzysami rodzinnymi, bolesne poczucie braku perspektyw, wyrzuty sumienia z powodu popełnionych błędów. Wy sami możecie stanąć u boku innych młodych, towarzyszyć im i ukazywać, że Bóg w Jezusie stał się bliski każdemu człowiekowi. Jak lubił mawiać papież Franciszek: „Chrystus pokazuje, że Bóg jest bliskością, współczuciem i czułością” (Enc. Dilexit nos, 35).

To prawda: nie zawsze łatwo jest dawać świadectwo. Często spotykamy w Ewangeliach napięcie między przyjęciem a odrzuceniem Jezusa: „Światłość w ciemności świeci i ciemność jej nie ogarnęła” (J 1, 5). Podobnie uczeń-świadek osobiście doświadcza odrzucenia, a czasem nawet gwałtownej wrogości. Pan nie ukrywa tej bolesnej rzeczywistości: „Jeżeli Mnie prześladowali, to i was będą prześladować” (J 15, 20). Właśnie ona staje się jednak okazją do praktykowania najwznioślejszego przykazania: „Miłujcie waszych nieprzyjaciół i módlcie się za tych, którzy was prześladują” (Mt 5, 44). Tak czynili męczennicy samego początku Kościoła.

Drodzy młodzi, nie jest to historia należąca wyłącznie do przeszłości. Także i dzisiaj w wielu miejscach na świecie chrześcijanie i ludzie dobrej woli doznają prześladowań, kłamstw i przemocy. Być może również was dotknęło to bolesne doświadczenie i być może mieliście pokusę, żeby zareagować instynktownie, zniżając się do poziomu tych, którzy was odrzucili, przyjmując postawę agresywną. Pamiętajmy jednak o mądrej radzie św. Pawła: „Nie daj się zwyciężyć złu, ale zło dobrem zwyciężaj” (Rz 12, 21).

Zatem nie ulegajcie zniechęceniu: podobnie jak święci, również i wy jesteście wezwani do zachowania nadziei, zwłaszcza w obliczu trudności i przeszkód.

Braterstwo jako więź pokoju

Z przyjaźni z Chrystusem, która jest darem Ducha Świętego w nas, rodzi się styl życia niosący w sobie charakter braterstwa. Młody człowiek, który spotkał Chrystusa, niesie wszędzie „ciepło” i „smak” braterstwa, a każdy, kto nawiązuje z nim albo z nią w kontakt, zostaje zauroczony nowym i głębokim wymiarem, na który składa się bezinteresowną bliskość, szczere współczucie i wierna czułość. Duch Święty pozwala nam spojrzeć na bliźniego nowymi oczami: w drugim człowieku dostrzegamy brata, siostrę!

Świadectwo braterstwa i pokoju, które wzbudza w nas przyjaźń z Chrystusem, podnosi nas z obojętności i duchowego lenistwa, pomagając nam przezwyciężyć zamknięcie i podejrzliwość. Wiąże nas również ze sobą nawzajem, pobudzając do wspólnego zaangażowania – od wolontariatu aż po miłość polityczną – aby budować nowe warunki życia dla wszystkich. Nie podążajcie za tymi, którzy używają słów wiary, aby dzielić: organizujcie się raczej, aby usuwać nierówności oraz pojednać spolaryzowane i uciskane społeczności. Dlatego, drodzy przyjaciele, słuchajmy głosu Boga w nas i przezwyciężajmy nasz egoizm, stając się pracowitymi budowniczymi pokoju. Wtedy ten pokój, który jest darem Zmartwychwstałego Pana (por. J 20,19), stanie się widzialny w świecie dzięki wspólnemu świadectwu tych, którzy noszą w sercu Jego Ducha.

Drodzy młodzi, w obliczu cierpień i wobec nadziei świata, skierujmy nasze spojrzenie na Jezusa. Umierając na krzyżu, powierzył On Maryję Dziewicę Janowi jako Matkę, a Jej – jego jako syna. Ten najwyższy dar miłości jest przeznaczony dla każdego ucznia, dla nas wszystkich. Zachęcam was zatem do przyjęcia tej świętej więzi z Maryją, Matką pełną miłości i zrozumienia, pielęgnując ją w szczególności poprzez modlitwę różańcową. W ten sposób w każdej sytuacji życiowej doświadczymy, że nigdy nie jesteśmy sami, ale zawsze jesteśmy umiłowanymi dziećmi, którym Bóg udzielił przebaczenia i wsparcia. Z radością dawajcie o tym świadectwo!

Watykan, dnia 7 października 2025 r., we wspomnienie Najświętszej Maryi Panny Różańcowej.

LEON PP. XIV

[01277-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

 

رسالة قداسة البابا لاوُن الرَّابع عشر

في اليوم العالمي الأربعين للشّبيبة

23 تشرين الثّاني/ نوفمبر 2025

"وأَنتُم أَيضًا تَشهَدون، لأَنَّكُم مَعي" (يوحنّا 15، 27)

أيّها الشّباب الأعزّاء،

في مستهل هذه الرّسالة الأولى التي أوجّهها إليكم، أودّ أوّلًا أن أقول لكم: شكرًا! شكرًا على الفرح الذي حملتموه إلينا عندما جئتم إلى روما للاحتفال بيوبيلكم، وشكرًا أيضًا لكلّ الشّباب الذين انضمّوا إلينا في الصّلاة من مختلف أنحاء العالم. كان ذلك حدثًا ثمينًا لنجدّد اندفاع الإيمان ونشارك الرّجاء المتّقد في قلوبنا. لذلك، لنجتهد في ألّا يبقى لقاء اليوبيل مجرّد لحظةٍ عابرة، بل أن يكون لكلّ واحدٍ منكم خطوةً إلى الأمام في حياته المسيحيّة، وتشجيعًا قويًّا على الثّبات في شهادة الإيمان.

هذه الدّيناميكيّة هي في قلب اليوم العالمي القادم للشّبيبة، الذي سنحتفل به في أحد يسوع الملك، في الثّالث والعشرين من تشرين الثّاني/نوفمبر، والذي سيكون عنوانه: "وأَنتُم أَيضًا تَشهَدون، لأَنَّكُم مَعي" (يوحنّا 15، 27). وبقوّة الرّوح القدس، نستعد، نحن حجّاج الرّجاء، لنصير شهودًا شجعانًا للمسيح. فلنبدأ منذ الآن المسيرة التي ستقودنا إلى اللقاء العالمي ليوم الشّبيبة في سيول سنة 2027. وفي هذه الرّؤية، أودّ أن أتوقّف عند جانبَين للشّهادة للإيمان: صداقتنا مع يسوع، هي عطيّة من الله نقبلها منه، والتزام كلٍّ واحد منّا في المجتمع لنكون صانعي سلام.

أصدقاء، إذًا شهود

الشّهادة المسيحيّة تنشأ من الصّداقة مع الرّبّ يسوع المسيح، الذي صُلب وقام من بين الأموات من أجل خلاص الجميع. ولا تختلط بأيّة دعايّة أيديولوجيّة، بل هي مبدأٌ حقيقيّ للتّغيير الدّاخلي والوعْي الاجتماعيّ. أراد يسوع أن يدعو تلاميذه ”أصدقاءً“، فعرَّفهم بملكوت الله وطلب منهم البقاء معه، ليُكوِّنوا جماعته ويرسلهم ليُعلنوا الإنجيل (راجع يوحنّا 15، 15. 27). وعندما يقول لنا يسوع: ”وأَنتُم أَيضًا تَشهَدون“، فهو يؤكّد لنا أنّه يعتبرنا أصدقاءه. هو وحده يعرف حقًّا مَن نحن ولماذا نحن هنا: إنّه يعرف قلبكم أنتم الشّباب، وارتعاشكم أمام التّفرقة والظّلم، وتَوقَكم إلى الحقيقة والجمال، وإلى الفرح والسّلام. وبصداقته يصغي إليكم، ويُحفّزكم، ويقودكم، ويدعوا كلًّا منكم إلى حياة جديدة.

نظرة يسوع، الذي يريد دائمًا وأبدًا خيرنا، تسبقنا (راجع مرقس 10، 21). فهو لا يريدنا عبيدًا، ولا ”ناشطين“ في حزبٍ، بل يدعونا إلى أن نكون معه أصدقاءً، لكي تتجدّد حياتنا. ومن هذه الصّداقة الجديدة المفعمّة بالفرح تنبع شهادة الإيمان بشكل طبيعي. فهي صداقة فريدة تمنحنا الوَحدة والشّركة مع الله. وصداقة أمينة تكشف لنا كرامتنا وكرامة الآخرين. وصداقة أبديّة لا يستطيع الموت نفسه أن يدمّرها، لأنّ أساسها في الرّبّ المصلوب والقائم من بين الأموات.

لنتأمّل في الرّسالة التي تركها لنا الرّسول يوحنّا في نهاية الإنجيل الرّابع: "وهذا التِّلميذُ هو الَّذي يَشهَدُ بِهذِه الأُمور وهو الَّذي كَتَبَها، ونَحنُ نَعلَمُ أَنَّ شَهادَتَه صادِقَة" (يوحنّا 21، 24). كلّ ما سبق من روايته يُختصر في كلمة ”شهادة“، مفعمّة بالامتنان والدّهشة، من قِبَل تلميذ لم يَذكر اسمه قط، بل وصف نفسه بأنّه ”التّلميذ الذي أحبّه يسوع“. وهذه التّسمية هي انعكاس لعلاقةٍ شخصيّة. ليست اسمًا لفرد، بل شهادة لعلاقة شخصيّة مع المسيح. وهذا ما يهمّ يوحنّا حقًّا: أن يكون تلميذًا للرّبّ يسوع وأن يشعر بأنّه يحبّه. وهكذا نفهم أنّ الشّهادة المسيحيّة هي ثمرة علاقة الإيمان والمحبّة بيسوع المسيح، الذي نجد فيه خلاص حياتنا. وما كتبه الرّسول يوحنّا ينطبق عليكم أنتم أيضًا، أيّها الشّباب الأعزّاء. فالمسيح يدعوكم إلى أن تتبعوه وتجلسوا بقربه، وتصغوا إلى قلبه وتشاركوه في حياته عن قرب! فكلّ واحد منكم، بالنّسبة له، هو ”تلميذ محبوب“، ومن هذا الحبّ ينبع فرح الشّهادة للإيمان.

شاهدٌ شجاع آخر للإنجيل هو السّابق ليسوع، يوحنا المعمّدان، الذي "جاءَ شاهِدًا لِيَشهَدَ لِلنُّور، فَيُؤمِنَ عن شَهادتِه جَميعُ النَّاس" (يوحنّا 1، 7). ومع أنّه كان يتمّتع بسمعة كبيرة بين النّاس، إلّا أنّه كان يدرك جيّدًا أنّه مجرّد ”صوت“ يشير إلى المخلّص: "هُوَذا حَمَلُ الله!" (يوحنّا 1، 36). مثاله يذكّرنا بأنّ الشّاهد الحقيقي لا يسعى للسيطرة على المشهد، ولا يبحث عن أتباع ليربطهم بشخصه. الشّاهد الحقيقي متواضع وحرّ في داخله، وقبل كلّ شيء من ذاته، أي من الطّموح أن يكون في مركز الانتباه. ولذلك، فهو حرّ في الإصغاء، وفي التّفسير، وفي قول الحقيقة أيضًا للجميع، حتّى أمام الأقوياء. ومن يوحنّا المعمدان نتعلّم أنّ الشّهادة المسيحيّة ليست إعلانًا عن أنفسنا، ولا احتفالًا بقدراتنا الرّوحيّة أو الفكريّة أو الأخلاقيّة. الشّهادة المسيحيّة الحقيقيّة هي أن نعرف يسوع ونبشِّر به، هو وحده الذي يخلّصنا، عندما يظهر لنا. وقد عرفه يوحنا بين الخطأة، منغمسًا بين عامّة النّاس. ولهذا، شدّد البابا فرنسيس مرارًا، فقال: إن لم نخرج من أنفسنا ومن أماكن راحتنا، وإن لم نتوجّه نحو الفقراء والمهمّشين الذين يشعرون بأنّهم مستبعدون من ملكوت الله، فلن نلتقي بالمسيح ولن نشهد له. سنفقد عذوبة الفرح في أن نُبشَّر وأن نُبشِّر الآخرين.

أيّها الأعزّاء، أدعو كلّ واحدٍ منكم إلى أن تواصلوا البحث، في الكتاب المقدّس، عن أصدقاء يسوع وشهوده. فبقراءتكم للأناجيل، ستدركون أنّ جميعهم وجدوا في العلاقة الحيّة مع المسيح معنى الحياة الحقيقي. في الواقع، طلباتنا العميقة لا تجد آذانًا مصغيّة ولا أجوبة حقيقيّة في ”الالتصاق المتواصل بهواتفنا“، التي تأسر انتباهنا، وتترك عقولنا متعبة وقلوبنا فارغة. كما أنّها لن تُفيدنا إن أبقيناها حبيسة أنفسنا أو حصرناها في دوائر ضيّقة. إنّ تحقيق رغباتنا الحقيقيّة يمرّ دائمًا عبر الخروج من أنفسنا.

شهود، إذًا مرسَلون

وهكذا أنتم، أيّها الشّباب، وبمساعدة الرّوح القدس، تستطيعون أن تصيروا مُرسَلين للمسيح في العالم. فكثير من الشّباب في أعماركم معرَّضون للعنف، ومجبَرون على حمل السّلاح، ومضْطَرون للانفصال عن أحبّائهم، أو للهجرة والفرار. وكثيرون يفتقرون إلى التّعليم وإلى ضروريّات الحياة الأساسيّة. وجميعهم يشاركونكم البحث عن المعنى، وما يصاحبه من انعدام الأمن، والقلق النّاجم عن تزايد الضّغوط الاجتماعيّة أو المهنيّة، وصعوبة مواجهة الأزمات العائليّة، والشّعور المؤلم بغياب الفرص، والنّدم على الأخطاء المرتكبة. أنتم أنفسكم تستطيعون أن تقفوا إلى جانب شباب آخرين، وتسيروا معهم، وتبيِّنوا لهم أنّ الله، في يسوع المسيح، قد اقترب من كلّ إنسان. كما كان يحبّ أن يقول البابا فرنسيس: "المسيح يبيِّن لنا أنّ الله قريب ورحيم وحنّان" (رسالة بابويّة عامّة، لقد أحَبَّنا، 35).

وهذا صحيحٌ أنّ شهادة الإيمان ليست سهلة دائمًا. ففي الأناجيل نجد مرارًا التوتر بين قبول يسوع ورفضه: "النُّورُ يُشرِقُ في الظُّلُمات، ولَم تُدرِكْه الظُّلُمات" (يوحنّا 1، 5). وبالمثل، التّلميذ-الشّاهد يختبر بنفسه الرّفض، وأحيانًا حتّى المعارضة العنيفة. ولم يَخفِ الرّبّ يسوع هذه الحقيقة المؤلمة: "إِذا اضطَهَدوني، فسَيَضطَهِدونَكم أَيضًا" (يوحنّا 15، 20). ومع ذلك، فإنّ هذه الخبرة تصير فرصةً لتطبيق الوصيّة الأسمى: "أَحِبُّوا أَعداءَكم وصَلُّوا مِن أَجلِ مُضطَهِديكُم" (متّى 5، 44). وهذا ما فعله الشّهداء منذ بداية الكنيسة.

أيّها الشّباب الأعزّاء، هذه ليست قصّة تنتمي إلى الماضي فحسب. ما زال المسيحيّون، وأناس من ذوي الإرادة الصّالحة، يتألّمون اليوم أيضًا، في أماكن عديدة من العالم، من الاضطهاد والكذب والعنف. وربّما أنتم أيضًا عرفتم هذه الخبرة المؤلمة، وربّما تعرّضتم لتجربة بأن ترُدّوا بشكل غريزي على من رفضكم، فتسلكوا سلوكًا عدوانيًّا يشبه سلوكهم. لكن لنتذكّر نصيحة القدّيس بولس الحكيمة: "لا تَدَعِ الشَّرَّ يَغلِبُكَ، بلِ اغلِبِ الشَّرَّ بِالخير" (رومة 12، 21).

يجب ألّا نصاب بالإحباط: فكما فعل القدّيسون، أنتم أيضًا مدعوّون إلى أن تثابروا برجاءٍ ثابت، وخصّوصًا أمام الصّعاب والعقبات.

الأخوّة مثل علاقة سلام

من الصّداقة مع المسيح، التي هي عطيّة الرّوح القدس فينا، ينشأ أسلوب حياة يحمل في طيّاته سِمَة الأخوّة. فالشّاب الذي التقى المسيح ينشر في كلّ مكان ”دفء“ و”نَكهة“ الأخوّة، وكلّ من يلتقي به ينجذب إلى بُعدٍ جديد وعميق، قوامه القرب غير الأناني، والرّحمة الصّادقة، والحنان الأمين. الرّوح القدس يجعلنا نرى القريب بعيون جديدة: الآخر هو أخٌ أو أخت!

شهادة الأخوّة والسّلام، التي تُوقظها فينا الصّداقة مع المسيح، ترفعنا فوق اللامبالاة والكسل الرّوحي، فتساعدنا لنتخطّى الانغلاق والشّكوك. كما تربطنا بعضنا ببعض، وتدفعنا إلى الالتزام المشترك، من العمل التّطوعي إلى العمل السّياسي الموجّه نحو الخير العام، من أجل بناء ظروف حياة جديدة للجميع. فلا تتبعوا الذين يستخدمون كلام الإيمان لإحداث الانقسام، بل نظّموا أنفسكم لإزالة عدم المساواة ولإعادة المصالحة إلى الجماعات المنقسمة والمقهورة. لذلك، أيّها الأصدقاء الأعزّاء، لنصغِ إلى صوت الله في داخلنا، ولننتصر على أنانيتنا، فنصير صنّاع سلام نشيطين. إذّاك، ذلك السّلام، الذي هو عطيّة الرّب القائم من بين الأموات (راجع يوحنّا 20، 19)، سيظهر في العالم بشهادة الإيمان المشتركة للذين يحملون روح الرّبّ في قلوبهم.

أيّها الشّباب الأعزّاء، أمام آلام العالم وآماله، لِنُثَبِّت نظرنا في يسوع المسيح. فعندما كان على وشك الموت على الصّليب، سلَّم مريم العذراء إلى يوحنّا أُمًّا له، وسلَّمه لها ابنًا لها. عطيّة المحبّة الأسمى هذه هي لكلّ تلميذ، ولكلّ واحدٍ منّا. لذلك، أدعوكم إلى أن تقبلوا هذا الرّباط المقدّس مع مريم، الأمّ الممتلئة حنانًا وحكمة، فتنمّوا ذلك بصورة خاصّة بصلاة المسبحة الورديّة. وهكذا، في كلّ ظرفٍ من ظروف الحياة، سنختبر أنّنا لسنا أبدًا وحدنا، بل نحن دائمًا أبناء يحبّهم الله، ويغفر لهم، ويشجّعهم. ولذلك، بفرحٍ، أنتُم أَيضًا تَشهَدون!

من الفاتيكان، يوم 7 تشرين الأوّل/أكتوبر 2025، تذكار سيِّدتنا مريم العذراء سيِّدة الورديّة المقدسة.

لاوُن الرّابع عشر

[01277-AR.01] [Testo originale: Italiano]

Documento di lavoro: confronta con testo pronunciato.

 

[B0718-XX.01]